È una sfida epocale quella che abbiamo innanzi.
Fin dai tempi di Albert Pike, si immaginava uno scontro mutuamente devastante e risolutivo tra mondo arabo radicale, ossia inevitabilmente sciita, e Israele. I motivi in realtà non erano citati, intendo i motivi storici, che affondano le radici nella notte dei tempi (…).
Quello che a noi consta, oggi, è qualcosa di molto più pratico e terra terra: oggi siamo in attesa dell’attacco Israelo-americano all’Iran – paese che si autodefinisce ariano, Iran-aryan – per motivi non solo strettamente geopolitici. In pratica Teheran, rappresentata ai nostri giorni dagli Ayatollah eredi di Khomeini, figura cruciale per capire la genesi dello scontro, si trova in opposizione totale ed assoluta non solo di Israele ma addirittura di tutto il medio oriente moderato e filo occidentale. Sulle velleità imperiali iraniane vedasi la dicitura sulle monete iraniane di cui al titolo, tradotta in calce.
Khomeini infatti è la figura che, cacciato dall’Iran, ristabilì le basi del potere imperiale iraniano andando a riannodare le relazioni con i punti cardine dell’impero babilonese di Persia, ma sotto una “coperta” religiosa sciita. Dapprima condivise la scena in patria con lo Scia’ Reza Pahlavi, deposto nel 1941 in quanto di simpatie naziste, con l’appoggio britannico; poi visse la successione compiuta con Mohamnad Reza Pahlavi, il figlio dello Scia’, che fu più accondiscendente del padre con la casta religiosa, permettendo anche il governo Mossadeq (legato di nuovo ai fu nazisti) e reintegrando legalmente Khomeini nei ranghi ufficiali del clero sciita.
Nel 1953 la svolta: il figlio dello Scia’ attuo’ un colpo di Stato per procedere con la laicizzazione del Paese, costringendo (con le persecuzioni) Khomeini alla fuga. Prima in Turchia, ex impero ottomano, a Bursa, che ne fu la prima capitale (ancora oggi la Turchia è un paese a minoranza sciita). E poi nella città santa di Najaf, in Iraq, ex Mesopotamia. Di seguito la fuga a Parigi, protetto dai francesi che speravano così di guadagnare credito con uno dei paesi più ricchi di idrocarburi del globo.
Il ritorno in patria, nel 1979, aiutato dai francesi (e dai tedeschi) a reinsediarsi al potere dopo aver fatto cadere lo Scia’, portò un governo puramente religioso in Iran. Governo sciita “degli Ayatollah” che sfidò apertamente i poteri vincenti nella WWII, proponendosi nuovamente come alleato dei tedeschi in Medio Oriente.
Oggi, a 45 anni dal suo ritorno in patria, l’Iran viene attaccato da Israele, con aiuti USA. Ben notando che la permanenza degli Ayatollah al potere ha riportato l’ambizioso paese mediorientale nella sfera germanica, ossia di quel revanscismo fanatico filo nazista per cui l’Iran resta l’unico paese a non aver mai condannato le gesta di Adolf Hitler durante il terzo Reich.
Anzi ponendosi a supporto della nascita di un asse alternativo a quello russo-americano emerso dopo la WWII; dunque schierandosi con la Cina, di cui è il primo fornitore di petrolio. Oltre a mantenere solidi legami con tedeschi e francesi, oggi a capo dell’EU, un soggetto europeo che secondo una certa scuola di pensiero potrebbe presto terminare la propria esistenza (…).
In mezzo, la sfida nucleare iraniana, resa possibile da turbine tedesche marcate Siemens (ricordiamo che il ministro dell’economia di guerra nazista, H. Schacht fu consulente di Mossadeq) poi distrutte dal virus Stuxnet generato ed utilizzato da Israele una quindicina di anni fa nel bel mezzo della crisi subprime americana contro il nucleare iraniano (2009, a Natanz, esplosione del centro di arricchimento di uranio, una tecnica se vogliamo molto simile all’esplosione indotta dei pagers di Hamas, …)(quante similitudini con la crisi economica odierna soprattutto in Europa, recessione in arrivo?). Tanto per far capire i legami con una certa Europa fu khazara, basata a Worms, in Germania ed il mondo ariano che divenne patria delle antiche svastiche come segno del cielo quando mutuate dai nazisti (i sumeri erano maestri di astronomia).
Un grande ed ambizioso paese l’Iran, mai dimenticarlo, con una storia millenaria alle spalle.
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Questo sunto storico vi fa capire quanto al titolo: gli obiettivi possibili e forse probabili dell’attacco israeliano, un paese che resta in antitesi all’Iran per questioni storiche, emergono prepotenti.
Da una parte il primo obiettivo resta il nucleare iraniano, onde evitare che gli eredi dei nobili popoli assiro-babilonesi poi alleati dei nazisti, diventino non solo egemoni in zona ma addirittura rilevanti a livello globale (il popolo semita ben ricorda nella sua storia tramandata la fine fatta dai Caldei). Capite dunque che combattere l’Iran , oggi, rappresenta ostacolare la rinascita di un potente alleato del nazismo storico in Europa, un suo sponsor quanto meno.
In termini pratici, la centrale nucleare di Bushehr, sul mare, vicina al terminal di Khark, potrebbe essere oggetto di sabotaggi mirati, ad esempio.
Dall’altra immaginiamo si possa puntare a minare la crescita dell’avversario globale degli USA, la Cina oggi alleata dei tedeschi. Cina primo acquirente di petrolio iraniano e sfidante globale di Washington. Ovvero puntando – lato USA – alle forniture fuori mercato di petrolio iraniano a Pechino.
In ultimo il timing dell’azione va scelto accuratamente, puntando ad esempio a sferrare contemporaneamente l’attacco finale all’elite storica a capo dell’EU Franco tedesca (elite vicina ad ideali proni alla rinascita di un nazismo apicale, con Davos) apertamente “a letto” con cinesi e iraniani e contro il prossimo presidente USA, Donald J. Trump. Dunque si intenda una sorta di attacco finanziario “di rimbalzo”, come effetti.
Parlo dell’EU, costruzione di stampo neocoloniale (in quanto favorisce asimmetricamente i paesi egemoni a scapito dei periferici) a capo di una coalizione di paesi in larga parte ex coloniali europei che, grazie ai piani di Davos, sta sempre più somigliando come metodi ad un nazismo 3.0. Contestualizzato in tal modo ben si comprende quale possa essere l’obiettivo difensivo americano, con gli USA oggi attaccati dai suoi ex partner del vecchio continente nel proprio ruolo di leader occidentale: si mira dunque ad una risposta a tono, innescando il crollo per via inflattiva e di fallimento della politica economica e monetaria dell’EU, puntando soprattutto a terminare l’euro che tiene in scacco diversi paesi europeriferici tra cui l’Italia.
Mettete tutto quanto sopra nel calderone degli scontri incrociati politico-religiosi, con implicazioni storiche e millenaristiche, in realtà scontri di potere, e troverete sia gli obiettivi dell’attacco israeliano a Teheran che le tempistiche, nel rispetto degli interessi elettorali americani.
Ad esempio, c’è da scommettere che l’attacco a Tehran possa avvenire dopo la decisione di M.me Lagarde, ECB, di tagliare i tassi dell’euro fra circa una settimana. Ovvero con forti ripercussioni successive o sui mercati o nel controllo all’inflazione EU. O in entrambi gli ambiti…
In tale ambito un rapido peggioramento del trade balance EU, andando in deficit aggregato EUropeo ad esempio, in assenza della rete di protezione del LIBOR in USD (schema terminato lo scorso mese, dopo decenni di onorato servizio al fine di procurarsi in Europa i dollari che non si dispongono per pagare le bollette in dollari ad esempio), non farà che spingere la Germania verso la DEXIT, onde evitare di sobbarcarsi lei stessa l’onere di salvare l’euro facendo pagare il conto al popolo tedesco. Memento infatti che il trade surplus tedesco, in euro o in marchi tedeschi, può certamente ridursi ma, in assenza di guerre, molto difficilmente andrà in deficit. Mentre il trade deficit francese comunque lo si guardi non può che esplodere (…).
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È comunque chiaro che le centrali nucleari per l’arricchimento dell’uranio iraniane restano il primo obiettivo militare israeliano. Mentre il terminal petrolifero di Khark, dove si esporta fino al 98% del petrolio iraniano, sarà parimenti facile obiettivo. Visto che tagliare l’export di petrolio iraniano significa cancellare dal mercato il primo fornitore di petrolio cinese, essendo la Cina il primo consumatore di petrolio al mondo, alla lunga.
Inoltre il terminal petrolifero iraniano costruito per evitare la navigazione nel golfo persico, parlo del porto di Jask, più le infrastrutture a monte, sembrano essere facile preda, non a caso la portaerei Lincoln staziona nei pressi.
In più, in parallelo ad aver eliminato i vertici militari e spionistici Iraniani con abili azioni di Tel Aviv, un regime change in Iran sembra davvero a portata di mano, oggi. Vis a vis di una popolazione locale stufa di vedere i propri vicini sunniti migliorare di giorno in giorno il proprio tenore di vita, sebbene essendo intrinsecamente molto meno ricchi di risorse di quello che è il grande Iran erede dei babilonesi. Mentre in Iran è miseria continua, di matrice religiosa/repressiva.
Le prossime settimane ci diranno. Sempre che il terremoto in Iran di questo week end non significhi che l’Iran ha già piccole bombe atomiche a disposizione (con un ordigno testato sotto terra in un luogo segreto, sotterraneo, in Iran, per una capacità esplosiva equivalente stimabile attorno a circa 10-15 kTon, base grado di scala Richter rilevato durante il week end). Al che si rischierebbe di trasformare interi paesi in grandi parcheggi per pale eoliche esauste.
Resta che Israele sembra giocare per il moderno Occidente, quello meritocratico. È tutto sommato pure per Yalta. L’Iran invece sembra rappresentare gli interessi delle elites apicali e nobiliari, in cerca di loro autonomo e imputrescente spazio al potere delle nazioni.
MD
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Image: Una moneta Ashrafi di Nadir Shah (r. 1736–1747), rovescio: “Coniata in oro la parola del regno nel mondo, Nadir del Grande Iran e il re conquistatore del mondo” (LINK), Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Generic