Redazione: Con quest’articolo completiamo un trittico che ha avuto origine nell’attacco di Droni alla più grande raffineria saudita — https://www.mittdolcino.com/2019/09/15/il-petrolio-a-100-dollari-barile-pompeo-punta-il-dito-contro-liran-per-lattacco-di-droni-che-ha-paralizzato-il-piu-grande-impianto-petrolifero-saudita/ e https://www.mittdolcino.com/2019/09/21/la-guerra-con-lo-yemen-sara-la-fine-dellarabia-saudita/ .
Crediamo di aver offerto ai nostri lettori una panoramica plurale ed abbastanza completa della vicenda, consci che la realtà poco si presta a giudizi affrettati e che “il bello”, per qualche verso, debba ancora arrivare.
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Jim Geraghty per National Review
Sulla nostra homepage, Kevin Williamson ha scritto un saggio eccezionale e stimolante [https://www.nationalreview.com/2019/09/saudi-arabia-iran-dilemma-us-foreign-policy/#slide-1], che propone un’imperdibile sintesi fra idealismo e realismo, istinti che impregnano il mondo ed in particolare quello musulmano.
Leggetelo tutto. E’ difficile da riassumere, ma l’essenza è che se vogliamo davvero prevenire situazioni negative ed aumentare le possibilità di ottenerne di positive, dobbiamo costruire relazioni proficue con tutte le forze civili presenti nelle società di qualsiasi paese che per noi sia importante.
E così conclude: “Possiamo fare di meglio. Ma non possiamo farlo facilmente, non a buon mercato e non in una settimana”.
Qualunque sia la vostra visione del mondo siamo certi che non crederete che tutto andrà bene, in Medio Oriente, negli anni e nei decenni a venire.
Che la vostra più grande preoccupazione sia la bomba atomica iraniana, o i cambiamenti climatici, l’entropia, una nuova aggressione russa o cinese, la guerra cibernetica o il kaiju che emerge dal mare ….. qualcosa probabilmente arriverà per far passare a noi e ai nostri alleati una brutta giornata.
“Siate pronti” non è un motto buono solo per i Boy Scout.
Nel secondo mandato di George W. Bush avete sentito molti democratici e parecchi repubblicani parlarci dell’importanza di “porre fine alla nostra dipendenza dal petrolio straniero”.
Quest’idea piaceva ai Democratici perché significava spendere di più per le energie alternative, ma piaceva anche ai Repubblicani perché comportava maggiori trivellazioni sul suolo americano per trovare petrolio e gas — e a nessuno dei due Partiti sarebbe piaciuto trovarsi a dover essere gentili con i regimi del Medio Oriente, della Russia, del Venezuela e via dicendo.
A quel tempo ricordo di aver avuto la fastidiosa perplessità su che cosa sarebbe successo se l’America avesse raggiunto l’indipendenza energetica.
Avremmo davvero detto al Regno Saudita: “Adesso sei da solo, buona fortuna”? (Ad agosto, comunque, abbiamo inviato ca. duecento militari in Arabia Saudita).
Perché, se il Governo Saudita dovesse crollare o essere rovesciato, il regime che lo sostituirà non sarebbe probabilmente più bello.
Decisamente no, i nuovi capi sarebbero apertamente Jihadisti ed anti-americani — e quel regime avrebbe il controllo di La Mecca e Medina!
E, per quanto i nostri attuali problemi siano difficili da risolvere, un regime simil ISIS che gestisce la penisola arabica sarebbe una cosa decisamente peggiore.
Il fracking fece avverare le speranze per l’indipendenza energetica verso la metà degli anni 2000.
Ed ora eccoci qui ad essere diventati esportatori netti di petrolio (2020), secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. E questo è un grande e sorprendente risultato.
Ma c’è ancora quella domanda in sospeso ….. cosa succederà quando non avremo più bisogno del petrolio dell’Arabia Saudita e quando, forse, sempre meno paesi al mondo ne avranno necessità, negli anni a venire?
Sì, l’Arabia Saudita è uno dei paesi più ricchi del mondo, ma il suo Governo non può non vedere che, prima o poi, i giorni delle redditizie esportazioni di petrolio andranno a finire.
Uno dei tratti distintivi del Principe Ereditario Mohammed bin Salman, che aveva mandato in delirio le élite internazionali nel 2017, è in effetti il suo piano per diversificare l’economia del paese — il “Saudi Vision 2030”.
In un mondo che non ha più bisogno del petrolio dell’Arabia Saudita, si passerebbe da un regime ricco e ragionevolmente stabile ad uno più povero e instabile, che amministra i due siti più santi per una religione che comprende un miliardo di persone.
Potrebbe non piacerci il Regno Saudita, ma restiamo gioco forza interessati a ciò che vi accade.
Ci sono molti americani il cui istinto sarebbe quello di dire: “ma chi se ne importa, sono così lontani e la loro cultura non è come la nostra. Che risolvano da soli i loro problemi”.
Fu questa, più o meno, la risposta americana alla “guerra civile siriana”, al Ruanda etc. durante la prima metà degli anni ’90 — e ai talebani prima dell’11 settembre.
Ma in molti angoli del mondo “risolversi da soli i propri problemi” significa spargimenti di sangue e genocidi.
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Link Originale: https://www.nationalreview.com/corner/saudi-arabia-what-happens-when-the-world-doesnt-need-its-oil/
Scelto e tradotto da Franco
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