Yochanan Visser per Israel Today
La Turchia è diventata un membro attivo dell’asse anti-Israeliano guidato dall’Iran — pur mantenendo la sua indipendenza nelle operazioni contro lo Stato Ebraico, visto che ha esteso la collaborazione con Hamas [l’Iran è sciita, Hamas è sunnita].
Dopo essersi scagliato contro Israele (la scorsa settimana, in occasione di una conferenza dell’”Organizzazione per la Cooperazione Islamica”), accusata di “uccidere senza pietà ragazze, padri, madri, anziani, bambini e giovani innocenti per le strade della Palestina”, il dittatore turco ha incontrato il leader di Hamas, Ishmail Haniyeh, ed altri funzionari apicali dell’organizzazione terroristica.
Haniyeh, assieme ad altri leader di Hamas (fra i quali l’arciterrorista Saleh al-Arouri, che ha sulla testa una taglia da 5 milioni di dollari), sta attualmente facendo un lungo tour che lo ha portato prima in Turchia e poi in Qatar, Malesia e Pakistan.
Lo scorso fine settimana Erdogan ha incontrato Haniyeh a Istanbul, promettendogli di continuare a “sostenere i nostri fratelli in Palestina”.
Questo, nonostante nel 2015 avesse stretto un accordo con Israele, che lo impegnava a reprimere le attività terroristiche di Hamas organizzate sul suolo turco (e dirette contro lo Stato Ebraico).
Il quotidiano britannico The Telegraph ha ottenuto la trascrizione degli interrogatori della polizia israeliana, dove c’è scritto che: “alti agenti di Hamas stanno usando la più grande città della Turchia per dirigere operazioni terroristiche a Gerusalemme e nella Cisgiordania occupata, incluso un tentativo di omicidio effettuato all’inizio di quest’anno contro il Sindaco di Gerusalemme”.
Il Telegraph si riferiva all’ex Sindaco di Gerusalemme e attuale Deputato del Likud Nir Barkat, che si era costruito una reputazione da “cacciatore di terroristi” durante il suo mandato di Sindaco.
Erdogan ignora le frequenti richieste d’Israele, volte ad impedire che Hamas usi la Turchia come base per attacchi terroristici contro lo Stato Ebraico.
Egli, infatti, consente al gruppo islamico-sunnita di mantenere una presenza permanente nel suo paese.
Secondo i servizi segreti Egiziani ed Israeliani una dozzina di alti funzionari di Hamas hanno trasferito i loro uffici in Turchia solo nello scorso anno.
Un arabo palestinese di Gaza, ha dichiarato al quotidiano britannico che: “molti leader di Hamas vanno ad Istanbul con le loro famiglie e i loro bambini. Perché i leader di Hamas lasciano Gaza, quando la gente che ci vive non ha né lavoro né servizi?”.
In effetti, per coloro che ci restano la situazione è decisamente peggiore.
Nel giugno di quest’anno Suheib Yousef — figlio del leader spirituale di Hamas, Hassan Yousef, e fratello di Musab Yousef, che ha disertato e lavorato per il Servizio d’Intelligence Israeliano Shin Beth — ha denunciato le attività terroristiche di Hamas in Turchia, riferendo di una diffusa corruzione fra gli agenti di Hamas che vivono in quel Paese.
Il cosiddetto “ramo politico” di Hamas, in Turchia, è in realtà un’organizzazione sia d’Intelligence che militare sotto copertura della società civile — ha detto Suheib a Ohad Hemo dell’israeliano “TV Channel 12”.
I due si sono incontrati nella Moschea di un paese asiatico, dopo che Suheib ha deciso di lasciare anche Hamas e la Turchia per cercare rifugio in Asia.
Erdogan si considera “patrono unico” degli arabi-palestinesi e Leader dei musulmani sunniti in Medio Oriente.
Negli ultimi mesi ha ripetutamente inveito contro Israele, paragonandola alla Germania nazista, mentre elaborava mosse aggressive che hanno finito per destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente, sollevando dubbi anche sull’adesione della Turchia alla NATO.
La scorsa settimana Erdogan ha firmato un “protocollo d’intesa” (MOU) con il Governo Libico sulle zone marittime del Mediterraneo Orientale, praticamente spartendosele in due.
La mossa ha aggravato le già alte tensioni nella regione e ha suscitato l’ira di Egitto, Israele, Grecia e Cipro.
Dopo aver concluso l’accordo con il Governo Libico — peraltro l’unico riconosciuto dalle Nazioni Unite — Erdogan ha chiarito che non avrebbe permesso ad Israele di costruire un gasdotto verso l’Europa, decisivo per le esportazioni di gas israeliano.
Dopo l’entrata in vigore del “protocollo d’intesa”, il Governo Turco ha convocato un Funzionario dell’Ambasciata Israeliana al quale è stato detto che la costruzione del gasdotto richiedeva l’approvazione di Erdogan.
All’inizio di questa settimana una nave della marina turca ha attaccato una nave israeliana che conduceva ricerche su possibili giacimenti di gas nelle acque costiere di Cipro, costringendola a lasciare quella zona nonostante fosse operativa in tandem con le autorità cipriote.
La Turchia occupa illegalmente Cipro Settentrionale e non ha diritti economici nelle acque circostanti Cipro. Il Governo di Nicosia, inoltre, ha firmato un accordo di cooperazione con Israele per la ricerca di ulteriori giacimenti di gas vicino all’isola.
“I turchi stanno cercando di affermarsi come coloro che tirano le fila dello spettacolo, e questo è molto preoccupante” — ha detto anonimamente un Funzionario Israeliano al “TV Channel 12” di Israele.
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La nostra Opinione
Parallelamente ad “Israel Today”, “Debka File” ci avverte che l’Egitto sta spostando colonne di “carri armati” verso la Libia, in appoggio al Generale Haftar, impegnato nella battaglia di Tripoli contro Al Serraj.
Quest’ultimo è supportato da forniture di armi e “consiglieri militari” (si dice siano 3.000) provenienti dalla Turchia, conseguenza del “protocollo d’intesa” con cui i due paesi pretendono di spartirsi il Mediterraneo Orientale.
“Carri armati egiziani inviati in Libia per contrastare l’intervento Turco nella battaglia di Tripoli”, https://www.debka.com/egyptian-tanks-sent-to-libya-to-thwart-turkish-intervention-in-battle-for-tripoli/
In pratica, sta scoppiando una guerra a due passi da casa, con le posizioni delle due superpotenze non proprio chiarissime. Haftar (espressione della CIA) ha l’appoggio di Egitto/Arabia Saudita/EAU, ma anche della Russia (che ha mercenari sul campo).
Quest’ultima è in una situazione paradossale rispetto ad Erdogan: amica o nemica a seconda delle situazioni (Nato/Libia).
Gli Stati Uniti “non pervenuti” (ma come fanno ad inimicarsi il terzetto di cui sopra?) e la Francia che sembrerebbe fuori, ma proprio fuori, da tutto.
Grecia e Cipro, oltre che lamentarsi, non sembrano poter fare altro.
L’Italia, come capita spesso da diversi anni, è affetta dal “ma-anchismo” di Veltroniana memoria. Filo atlantica, ma anche filo russa. Filo Trumpiana, ma anche filo Xi-niana. Filo Al-Sarrjana, ma anche filo Haftariana.
Per fortuna, il Governo ha capito (o glie lo hanno fatto capire) che l’unica cosa saggia che potesse fare era quella di affidarsi alla diplomazia dell’ENI che, siamo quasi sicuri, ne uscirà bene.
E poi, chiunque vinca, il gas è in Europa che deve venderlo. E dove potranno mai passare i gasdotti, se non nel nostro amato “stivale”?
Come evolverà la situazione? Non lo sappiamo, ma chissà che non possa essere proprio Israele a tirar fuori le castagne dal fuoco per conto di tutti.
Alleata di fatto del terzetto mediorientale, legata a Trump, al Congresso e non-nemica di Putin ….. a farsi fregare da Erdogan, probabilmente, non ci starà.
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Link Originale: https://www.israeltoday.co.il/read/analysis-turkey-rapidly-becoming-israels-next-enemy/
Scelto, tradotto e commentato da Franco
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