Matt Purle per The American Conservative
Ultimamente, la “Guerra di Natale” è arrivata ad assomigliare alla guerra civile libanese.
Vale a dire che ci sono innumerevoli combattenti, ma nessuno sembra più ricordare per che cosa stia combattendo.
Un tempo, la “Guerra di Natale” poteva essere divisa, approssimativamente, in due parti: la “American Civil Liberties Union” [ACLU] e “The O’Reilly Factor”.
Allora, l’ACLU aveva la brutta abitudine di piombare nei parchi cittadini per chiedere che i Presepi fossero rimossi: Il Primo Emendamento significava che la pubblica piazza doveva essere ripulita da tutto ciò che era Cristiano.
Ad opporsi c’era Bill O’Reilly che, nel suo programma su Fox News, combatteva contro la litigiosa “svedesizzazione” pretesa da quell’associazione, che voleva costringere i Cristiani a dire “buone feste” anziché “buon Natale”.
Ora la guerriglia si accende nei luoghi più inaspettati, ma solo per i militanti, che poi spariscono nel cuore della notte.
Ma nel 2015 ci fu un’autentica battaglia, quella di Starbucks, quando la società cambiò il design della sua tazza, caratterizzato da un natalizio color rosso, guadagnandosi forti lamentele “perché era come se avesse abbandonato Gesù”.
Nel 2018, invece, ci fu la scaramuccia di “Baby It’s Cold Outside”, un contrattacco della sinistra che affermava di come la più suggestiva delle nostre canzoni natalizie non fosse altro, segretamente, che un “inno della cultura dello stupro”.
Così vanno le cose. La “Guerra di Natale”, come la guerra in Iraq, fu iniziata da Fox News nei primi anni 2000 e continua ancora oggi con ben poche speranze di risoluzione.
Per O’Reilly, il “casus belli” era la difesa della natura religiosa di una vacanza essenzialmente fusionista: avere il diritto di dire “buon Natale”, entrando nel Walmart vicino casa, prima di cercare un “asse da stiro dall’intelligenza artificiale”.
Ma non è una grande questione. Mi sembra banale pensare che lo spirito del Natale possa essere riassunto dalla preferenza per due piccole parole.
Ed è davvero così sbagliato dire “buone feste” [invece di buon Natale] in un paese con la presenza di così tanti ebrei e musulmani?
Allora, forse, è arrivato il momento di fare il punto sulle reali minacce portate al Natale.
Come hanno già fatto molti esponenti della politica conservatrice, questo significa riconoscere che la componente economica ha invaso quella tradizionale.
Gli acquirenti del Black Friday che si rannicchiano l’uno sull’altro con i loro Xbox sembrano un modo assai curioso per annunciare la nascita di Cristo.
E, se è vero che le funzioni natalizie della Chiesa sembrano ancora far parte della Stagione (anche i deboli di fede sono inclini a partecipare, come vi diranno i Cattolici “C & E” — tali solo a Natale e Pasqua), non sono comunque obbligatorie, come invece lo è diventato fare regali, riempire le calze, confezionare pacchi-dono, far festa in ufficio ed infine vestirsi da Babbo Natale regalando confetti e cianfrusaglie.
Tale dilagante consumismo ha portato alcune persone a rinunciare del tutto alle festività natalizie.
In tal senso, se state cercando un vero “Anti-Christmas Grinch” [malvagio personaggio di fantasia], scordatevi gli scribacchini di sinistra dell’ACLU e prendete invece Christopher Hitchens.
Lo scrittore, ateo, nutriva un vero odio per le festività e, sorprendentemente, contestava più gli eccessi secolari che i ricordi religiosi.
In un saggio (inizialmente non pubblicato) per il Wall Street Journal, Hitchens affermò che “il ciclo natalizio impone una routine e una prevedibilità francamente mortali. E’ come vivere per quattro settimane nell’atmosfera di uno ‘Stato a Partito Unico’”.
Non siamo fatti per sopportare “le stesse canzoni e la stessa musica suonate sempre ed ovunque. Gli stessi slogan e le stesse esortazioni, visualizzate e ripetute all’infinito”.
Nonostante il suo ardente odio per la Religione, Hitchens riconobbe che il Natale moderno era stato pressoché deprivato di tutto quello che lo aveva reso distintamente Cristiano.
La Stagione era stata gelatinizzata in un mélange multiculturale, assorbendo Hanukkah e Kwanzaa e anche molte altre usanze secolari.
Notate che, storicamente, molti Protestanti, da Oliver Cromwell ad alcuni Pellegrini Americani, detestavano il Natale e ne proibivano la celebrazione, considerandolo un eccesso blasfemo.
Questa non è l’obiezione di Hitchens, tuttavia anche la sua tesi sottintende una “moralità da Crociati”, seppur più anti-corporativa e senz’altro iconoclasta.
Il Natale, egli pensava, prende lo “spirito del dare” e lo forza, lo trasforma in un rituale fatto per necessità che, assieme agli altri costumi stagionali, equivale ad un regime di forzata falsità.
Non è necessario abbonarsi all’ateismo di Hitchens per concordare con questa sua affermazione.
Eppure, non dovrebbe sfuggirci che, cancellando completamente la Stagione Natalizia, Hitchens finisca per allinearsi con alcuni degli elementi più fanatici del Cristianesimo, seppur con ragioni diverse.
Egli rifiutava il Natale perché è troppo conformista. I Puritani, invece, lo respingevano perché interferiva con la loro conformità.
Penso che dovremmo rifiutare entrambe le tesi.
Sì, ci sono alcuni giorni a dicembre in cui i canti diventano insopportabili — anche se le migliori canzoni della festività sono quelle religiose, mentre chiunque abbia scritto “Grandma Got Run Over by a Reindeer” [Nonna investita da una renna] credo che debba essere incarcerato.
Ma i rituali del Natale sono molto più profondi nella nostra psiche e vanno ben oltre questi aspetti.
Ciò a cui si sommano l’agrifoglio, le candele e le campane non è solo una stravaganza consumistica, è qualcosa di più profondo, di trascendente.
Si tratta di quiete, di attesa, persino di paura, che possono essere evocati solo quando la notte scende presto e fuori soffia un vento freddo.
Riguarda il meglio della virtù, della gentilezza, della carità e dell’amore, sottolineato dal prodigio che proietta le nostre azioni sul muro, come ombre create dalla luce di una candela, dandoci un assaggio della loro dimensione eterea.
C’è chi pensa che Halloween sia la nostra vacanza più antica, ma non è così.
C’è un motivo per cui il Natale ha alle spalle una tradizione fatta di storie di fantasmi — con il tormento di Scrooge nelle mani dei morti che è solo il più familiare [Ebenezer Scrooge è il personaggio principale del racconto “Canto di Natale” scritto da Charles Dickens].
Quell’ambiente natalizio è ancora lì, oggi, in mezzo a tutto il disordine scintillante delle piazze.
È disponibile anche per coloro che non credono nella storia di Cristo, così come il Thanksgiving [Giorno del Ringraziamento] di fine novembre può ancora essere praticato da coloro che trasalgono davanti alla narrativa semplificata dei Pellegrini e degli Indiani.
Eppure, le origini del milieu sono nel Cristianesimo: l’anticipazione della “nascita del Salvatore”, del bambino destinato ad essere ferito a morte, dell’arrivo della nostra salvezza.
E questo è un motivo di gioia, magari solo un po’ terrificante. Tuttavia, la gioia resta lì lo stesso. Ed è quello che chi fa politica deve ricordare quando parla del Natale: si tratta di una festa, non di un dannato campo di battaglia.
La vera “Guerra di Natale” non è fra sinistra e destra, ma fra persone normali e persone che vogliono rovinare tutto con una battaglia ideologica.
Pensate ad una scena di “A Portrait of the Artist as Young Man” di Joyce, quando Dante e il Sig. Casey sovvertono la cena di Natale con le loro accese discussioni sull’indipendenza irlandese.
Il modo migliore per “osservare la Stagione” è di non fare come loro, ma di ignorare i tristi puritani a favore della famiglia, del buon cibo, delle generose bevande e della pace purificatrice.
Comunque, per quanto riguarda la “Guerra di Natale”, finalmente si sta (forse) esaurendo.
Donald Trump ha annunciato che siamo di nuovo liberi di dire “Buon Natale”: l’abbiamo eletto Presidente, lo sapete, e allora va bene così.
Il Generalissimo O’Reilly, nel frattempo, ha “dichiarato vittoria”. Ma, fino a quando la “provincia” non sarà allineata con i comandanti, non possiamo esserne certi.
Ma questo lo sapevamo di già: peggiore di chi commercializza il Natale è chi lo politicizza.
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Link Originale: https://www.theamericanconservative.com/articles/seeking-an-armistice-in-the-war-on-christmas/
Scelto e tradotto da Franco
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