Victor Davis Hanson per PJ Media
Nonostante i “Green Party” tanto alla moda e gli ambiziosi programmi eolici e solari, l’Europa resta di gran lunga il più grande importatore mondiale di petrolio e gas naturale.
La produzione di petrolio nel Mare del Nord e al largo delle coste della Norvegia sta diminuendo e l’UE è alla ricerca di combustibili fossili ovunque riesca a trovarli.
Ciò premesso, l’Europa stessa è naturalmente ricca di combustibili fossili. Probabilmente ha più riserve di “gas di scisto” rispetto agli Stati Uniti, che attualmente sono il più grande produttore mondiale di petrolio e gas naturale.
Tuttavia, nella maggior parte dei paesi europei la “trivellazione orizzontale” ed il fracking sono illegali — oppure dovrebbero affrontare così tante sfide giudiziarie e proteste popolari da non essere né culturalmente né economicamente fattibili.
Il risultato è che l’Europa dipende quasi interamente dalle fonti di energia russe, mediorientali e africane.
Lo stallo americano-iraniano in Medio Oriente — assieme al calo radicale della produzione in Iran e Venezuela — ha terrorizzato l’Europa.
L’Unione Europea non avrebbe alcuna capacità di garantirsi le forniture di petrolio e gas dal Medio Oriente qualora l’Iran dovesse chiudere lo Stretto di Hormuz, o solo ostacolare il passaggio delle petroliere.
L’unica sicurezza marittima dell’Europa è la flotta NATO, sinonimo della “Marina degli Stati Uniti”.
La Russia di Vladimir Putin fornisce il 30% del fabbisogno di petrolio dell’Europa. In tempi di crisi, Putin potrebbe esercitare un controllo di fatto sull’economia europea.
Tuttavia, l’Europa rifiuta di sviluppare le sue riserve di gas e di petrolio e non finanzierà l’apparato militare necessario a garantire importazioni sicure di energia da fonti problematiche o addirittura ostili.
Non c’è da meravigliarsi se la tradizionale politica estera europea rifletta questi folli paradossi.
Il bisogno di energia spiega perché l’UE fosse così ansiosa di mantenere il cosiddetto “accordo iraniano” con la teocrazia di Teheran — ed anche perché fosse così nervosa per l’isteria anti-russa sorta negli Stati Uniti dopo le Elezioni del 2016.
Anche la presa di distanze da Israele rifletteva la paura di alienarsi i produttori di petrolio del Medio Oriente e del Nord Africa.
Gli europei sono a disagio anche con l’Amministrazione Trump. Considerano l’attuale governo nazionalista ed imprevedibile.
Gli americani non sembrano così pronti come in passato ad entrare negli hotspot mondiali per garantire l’uso commerciale delle rotte marittime ed aeree a beneficio degli altri.
Il risultato è una sorta di schizofrenia europea quando si parla di America e di politica estera in generale.
Da un lato l’Unione Europea si lamenta della sua dipendenza militare da Washington mentre, dall’altro, prega per la sua continuità.
L’UE promuove fortemente la libertà e la democrazia all’estero, ma è ben attenta a mantenere degli stretti legami con le autocrazie mediorientali esportatrici di petrolio, antitetiche a tutti i valori promossi dagli europei.
La Germania concorda con i suoi alleati che l’”agenda imperiale” russa potrebbe minacciare l’autonomia europea ma, privatamente, rassicura la Russia che comprerà tutto il gas e il petrolio che Mosca vorrà venderle.
La Germania, paradossalmente, sembra sempre più amichevole verso una Russia potenzialmente pericolosa piuttosto che verso un Paese che, come gli Stati Uniti, la proteggono.
In sintesi, ciò che garantisce che gli europei possano produrre, muoversi e riscaldarsi non sono le batterie, i parchi eolici ed i pannelli solari rumorosamente promossi dal proselitismo verde.
Sono al contrario i combustibili fossili, per i quali l’Unione Europea deve contare su una Russia mercuriale, su una schiera di instabili governi mediorientali e su un esercito statunitense poco apprezzato.
In un mondo con un po’ di logica gli europei avrebbero ripreso il controllo del proprio destino — e questa ricalibrazione avrebbe comportato il rafforzamento della loro potenza militare ed in particolare delle loro marine.
Avrebbero anche avviato lo sfruttamento dei loro giacimenti di scisto, da sviluppare con le tecnologie del fracking.
Inoltre, gli europei avrebbero spinto con maggior decisione sull’energia nucleare, sui progetti idroelettrici e sulle tecnologie per il “carbone pulito”, almeno fino a quando le nuove fonti di energia pulita fossero diventate praticabili.
Ma, in Europa, questi rimedi sono considerati peggiori della malattia.
Gli europei dovrebbero ricordare, inoltre, che sono le Forze Armate statunitensi a mantenere la sicurezza del commercio globale per tutti gli importatori, in particolare per quelli più vulnerabili.
Il risultato, ancora una volta, è il caos. L’Europa da un lato tiene conferenze sui “gas ad effetto serra” ma, dall’altro, cerca disperatamente forniture di combustibili fossili.
La Germania, che di solito fa da guida in Europa, è la più ipocrita sia nel denunciarli che nell’acquistarli da fonti sgradite.
Il pericolo per l’Europa è che la farsa potrebbe presto finire.
Gli americani sono energeticamente autosufficienti e quindi hanno perso interesse per il pantano e per i petro-regimi mediorientali.
A loro non piace pattugliare il mondo per conto di Paesi che da un lato contano sull’Esercito degli Stati Uniti e dall’altro gli mordono le caviglie.
Nel frattempo, più gli europei assecondano la Russia, l’Iran e gli Stati petroliferi del Golfo, meno rispetto ottengono in cambio.
È difficile essere il più grande importatore mondiale di gas e petrolio ed allo stesso tempo il più forte critico dei combustibili fossili. Ma l’Europa è riuscita a fare anche questo.
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Link Originale: https://pjmedia.com/victordavishanson/energy-paradoxes-put-europe-in-a-precarious-position/
Scelto e tradotto da Franco
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