Dante scrisse dei peccati capitali, sette. Che per me sono soprattutto difetti capitali, solo che ai tempi del poeta fiorentino l’assolutismo cattolico dominava sulle mancanze di un popolo, quello italiano, dovendo dunque ricorrere al divino per dargli un peso riconosciuto da tutti. Poco è cambiato da allora: i difetti di un popolo abbiente, che vive in una terra ricchissima ed ambitissima, sono più o meno gli stessi di 500 anni fa. Due sono i difetti che secondo chi scrive connotano particolarmente la stirpe italica: l’ignavia e l’invidia. Il primo – non peccato capitale – chiaramente non salverà dall’implosione, assolutamente, anzi rischia di rappresentare un’aggravante della condanna: l’innata tragica inerzia, fa in modo che nemmeno a mettergli i piedi in testa il volgo tricolore si ribelli, almeno fino ad oggi.
L’invidia invece….
Forse, il giornalista per antonomasia…
L’insieme dei due difetti sopra citati si condensa probabilmente nell’italianissimo cd. familismo amorale, l’evoluzione della specie in tema di difetti di un popolo. L’assenza di meritocrazia, un vero guaio per l’Italia in un mondo diventato assai competitivo, completa il contesto, che sta volgendo inesorabilmente verso l’implosione del sistema-paese.
In particolare, nel giornalista, uno vero specchio della società, convivono – come in nessun altra professione – due anime, che poi sono lo yin e lo yan dell’informazione: per uno che di lavoro racconta verità e fatti, è sempre una questione di fine equilibrio tra “dirla per come è realmente” ed “adattare il messaggio agli interessi di chi ti stipendia”, che poi sono gli indirizzi degli editori che ti pagano a fine mese. Plasmare la realtà in funzione degli indirizzi editoriali, “massaggiarla” – magari difendendo gli interessi degli editori più che i propri, ricordando che gli editori in Italia sono spessissimo approssimabii ai miliardari globalisti – può andare bene fino al momento in cui ci si rende conto che un discreto stipendio pagato per “adattare la realtà a esigenze superiori” può NON giustificare terribili conseguenze future per sé e per la propria famiglia, ad es. come risultato delle bugie eventualmente raccontate dai media mainstream. Questo naturalmente succede solo per i giornalisti delle grandi testate, per le “grandi firme”, gli unici che con le loro cronache sono in grado di costruire realtà virtuali tanto dibattute da influenzare gli eventi là da venire. Cronache che, per inciso, troppo spesso si vestono di fake news.
Arriviamo al Fubini vs. il resto dei giornalisti diciamo “normali”.
Il Fubini, firma del Corriere della Sera, membro dell’Open Society di George Soros – o di sue emanazioni – oltre ad essere vice direttore del Corriere della Sera ed ex Espresso/Repubblica, immagino sia pagato profumatamente per tutte queste sue “appartenenze”; magari proprio per raccontare le sue verità che, qualche volta, possono non rappresentare appieno la realtà. Questo almeno è il messaggio che un’altra grande firma del Corriere, Caizzi, inviato da Bruxelles, sembra abbia fatto riverberare sui media nelle scorse settimane quando ha evidenziato come Fubini, dicendo in anteprima (e preventivamente) che la manovra gialloverde non sarebbe stata accettata da Bruxelles non stava facendo vera informazione ma – forse – terrorismo psicologico, visto che la “piece of news” da lui riportata (vedasi sopra) non era supportata da fatti, probabilmente era “giusto una intuizione” del Fubini (secondo la versione del Caizzi). Così almeno sembra sia andata, leggendo le cronache della diatriba mediatica. (da leggere assolutamente l’articolo di Alessio Trovato, “SOROS e i figli di TROIKA”, lo trovate QUI)
Estratto dell’articolo di Alessio Trovato sopra citato
Posso solo fare una stima indiretta di quello che può essere successo dentro al Corriere della Sera: il collega Caizzi si deve essere davvero arrabbiato per arrivare a mettere alla berlina mediatica (ed in tal guisa!) un giornalista d’alto bordo come Fubini. Forse Caizzi improvvisamente si è reso conto che a raccontar notizie di dubbio fondamento su argomenti sensibili come la manovra economica Italiana e soprattutto sui rapporti tesi con Bruxelles, alla fine semplicemente non gli conviene. Al contrario di Fubini, che potrebbe aver messo da parte milioni a forza di stipendi faraonici e partecipazioni ai consessi che contano; Caizzi, a naso, sembrerebbe più “normale”, anche e soprattutto nelle remunerazioni.
Il messaggio che emerge è dunque un altro: anche tra le grandi penne si comincia a ragionare in termini di sopravvivenza, magari passando per un “tengo famiglia” diffuso; ad un certo punto, ad un giornalista che vive di un onesto buon stipendio aziendale, l’implosione dell’Italia – eventualmente anche come conseguenza di altrettanto eventuali balle mediatiche delle grandi testate ovvero anche dei giornalisti d’alto bordo -, può non convenire!
Una delle perle giornalistiche di Federico Fubini (1)
Non stiamo mettendo in discussione la professionalità di Fubini, che sia chiaro. Anzi, visto che lo rispettiamo assai – come mi hanno insegnato, a rispettare tutti senza differenza di casta, portafoglio, capacità, razza, colore della pelle, religione ecc. – alleghiamo alcuni suoi interventi giornalistici tra i più rilanciati.
In tutto questo è innegabile che probabilmente stia emergendo pubblicamente qualcosa di nuovo, ora come scontro tra giornalisti; che è approssimabile all’invidia italica, lo specchio di un vizio sia dantesco che occidentale-decadente: questa volta non fondato sull’ingordigia di invidiare un’opportunità di arricchimento “concessa” ad altri invece che a se stesso, ma di chi deve tirare a campare avendo come prospettiva l’implosione del sistema vs. chi guadagna eccessivamente, forse a sproposito; e pur anche contribuendo alla stesso sfacelo del sistema-paese di cui sopra con le proprie gesta (…). Faccio infatti presente che i miliardari globalisti che ai giorni nostri tirano le fila in Italia, i burattinai, non sono tanti, anzi, giusto un manipolo (diciamo circa 1500). Ovvero dall’implosione prossima ventura del Paese si salveranno solo loro; più gli “affidabili” agli stessi strettamente associati, che però saranno pochissimi.
Una delle perle giornalistiche di Federico Fubini (2)
Dunque, non a caso oggi ritengo si sia aperto ufficialmente il contest tra giornalisti, tra quelli elitari come Fubini ed il resto delle penne.
Gli esclusi dal grande giro, ovvero il 99%+ circa di chi “racconta l’informazione“, stanno forse iniziando a capire che nemmeno a loro conviene che l’intero sistema imploda, anche come conseguenza delle balle mediatiche che loro stessi (magari, in alcuni casi) contribuiscono a sdoganare, ci siamo quasi purtroppo…
Infatti, nonostante la legge sui Paperoni, ossia sui miliardari italiani rientrati in Italia – a cui è stato permesso dal PD di pagare le tasse più basse del mondo occidentale (che salverà, appunto, i miliardari esentandoli dal pagamento della mega imposta patrimoniale che verrà probabilmente con Draghi) – l’implosione nazionale prossima ventura causerà danni collaterali soprattutto a coloro che ritengono di essere nella bambagia di una posizione invidiabile. Ed invece, loro malgrado, si accorgeranno di essere anche loro nel tritacarne…. Il nervosismo generale è destinato a salire esponenzialmente nei prossimi mesi, credetemi…
Una delle perle giornalistiche di Federico Fubini (3)
In tale contesto le “verità di parte” eventualmente raccontate nel caso da colleghi pagati a dismisura – per tale compito? Non mi riferisco a Fubini ben inteso, facendo presente che molti dei cooptati sono stati selezionati grazie a parenti, nonni, mogli, famiglie acquisite e/o partecipazioni massoniche, nulla a che vedere con la meritocrazia, come sempre capita in Italia, ndr – cominciano a creare prospetticamente seri problemi ai giornalisti esclusi del grande giro (che è anche un giro molto ricco). Da qui il riposizionamento di valori – tra etica ed interesse – di molti giornalisti mainstream non Bilderberg, non Soros ecc..
Verso l’etica, finalmente! Alla fin fine vedete che anche in Italia l’etica vince (ma sempre per proprio interesse…).
Tira, tira, e qualcuno trae le conclusioni….
Domanda essenziale: vi siete chiesti perché tale importante “mutazione” giornalistica stia capitando proprio ora? Ve lo dico io: perché nessuno come i giornalisti delle grandi testate sa quanto l’Italia sia vicina all’implosione economica, sociale e politica. Determinata principalmente non da proprie colpe ma come conseguenza di un piano neocoloniale ben congegnato (…). Di cui i giornalisti sono stati spesso uno strumento, anzi il catalizzatore degli effetti negativi (la storia ci insegna, manuale del colonialismo alla mano, che la primissima arma di un colonizzatore sia comprare le elites locali, a cui far fare il lavoro sporco, da insider).
Mitt Dolcino