Quando Dreyfus batté le Frecce d’Argento tedesche, vincendo il “Gran Premio di Pau” del 1938, Hitler ordinò di distruggere quell’auto e riscrivere il verbale della gara
Redazione: Ricordo le “corse in salita” nella mia città e l’odore dell’olio di ricino che bruciava. Giravo fra le auto sulla griglia di partenza fra rumori assordanti, Fiat 500 truccate e campioncini locali che si sentivano Nuvolari.
Un’epoca che non c’è più. Le auto diventeranno un elettrodomestico e avranno il suono di un rasoio elettrico.
Ai miei tempi sognavamo un’auto … oggi, chi mai sognerà un aspirapolvere? Non conta il suono del motore, conta la riduzione della Co2, anche se l’effetto è quello contrario.
Propongo quest’articolo più che altro perché non si dimentichi. Un pilota francese, uno stronzetto ebreo che fregò le “frecce d’argento”.
Allora non c’erano gli “standard su misura” e poi, Hitler, mai avrebbe chiamato un pilota di colore.
Ma la Grande Germania non poteva perdere. Fu per questo che Hitler conquistò Parigi (scherzo), per cancellare la documentazione sul “GP di Pau”.
Ma non ci riuscì e oggi il Grande Dittatore sembra quello che in fondo è sempre stato, un ometto ridicolo. Somiglia ad una tedesca che da giovane non era nemmeno così male.
In gioco, fra un paio di giorni, c’è la stessa cosa. Oggi, come nel 1940. La conquista di Parigi dopo quella di Roma. Coraggio, di questi tempi siamo tutti Dreyfus.
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Stephen Bailey per The Spectator UK (estratto)
Ho guidato un’auto da corsa. In televisione sembra una cosa liscia come l’olio, quasi scientifica, ma non lo è.
Un’auto da corsa è una cosa spaventosa che inghiotte tutto, il calore piroclastico, il rumore assordante, le vibrazioni che offuscano la vista e le nauseanti forze centrifughe.
Novant’anni fa era anche peggio.
Le auto avevano pneumatici con poca aderenza, freni assai deboli e nessuna protezione contro gli urti. L’olio caldo spruzzava continuamente sui piloti che correvano con dei berretti di lino.
Un fuoripista si traduceva spesso in una mutilazione o in un martirio.
La storia di René Dreyfus fiorì in quest’atmosfera, nel mezzo di una cultura dove il pubblico trovava che la velocità fosse uno spettacolo travolgente.
Dopotutto, Aldous Huxley [scrittore britannico, specializzato nella narrativa distopica] pensava che la velocità fosse l’unica sensazione davvero eccezionale del XX secolo — perché il volo era noto ai mongolfieri già dal XVIII secolo.
Garbato, ricco, ebreo non-osservante di Nizza, Dreyfus conduceva la sua vita nello splendore dell’”età del jazz”, fra champagne e visite al Casinò.
Il suo nome lo possiamo trovare nell’“Encyclopaedia of Jews in Sport”, che non è di certo una pubblicazione di massa.
Assieme a Lucy Schell (un’ereditiera americana dal notevole spirito d’avventura) e Charles Weiffenbach di Delahaye (un uomo d’affari francese, esperto nella produzione di motori a combustione), Dreyfus formò l’”Ecurie Bleue”, così chiamata perché il blu era il colore della Francia nelle corse automobilistiche internazionali.
Questa parte della carriera di Dreyfus culminò nel 1938 con il “Gran Premio di Pau” quando, su un’auto di non grandissima potenza gestita da una squadra amatoriale, batté le “Frecce d’Argento” tedesche.
Si trattava di uno squadrone composto da feroci tecnocrati — con le loro Mercedes-Benz e Auto-Union progettate da Porsche — e con il mandato conferito da Hitler in persona di dimostrare al mondo che il concetto di “Ubermensch” [superuomini] si applicava sia alle auto che alle persone.
Le corse automobilistiche sono costose e per qualche verso assurde, pericolose e da irresponsabili — ma è per questo che sono avvincenti!
Hemingway credeva che gli unici veri sport fossero quelli che uccidono, mentre il resto erano solo passatempi.
I piloti non viaggiano da A a B, ma dall’estasi al pathos … e Dreyfus gestì bene quel viaggio — anche se il suo momento di gloria fu assai breve.
A dire il vero, battè i tedeschi grazie solo alla sua astuzia nella gestione del carburante. Le auto tedesche erano in realtà più veloci, ma bruciavano più benzina.
E, in ogni caso, i nazisti trovarono presto modi decisamente più dannosi per esternare la loro “teoria della superiorità”.
Tuttavia, quando Hitler invase Parigi, nel 1940, i suoi scagnozzi furono incaricati di trovare e distruggere l’auto di Dreyfus e di redigere un nuovo “verbale ufficiale” del “Gran Premio di Pau”.
Furono facilitati dal fatto che i nazisti s’erano installati nell’Hotel Crillon in “Place de la Concorde”, accanto all’”Automobile Club de France”, i detentori del record ufficiale.
Al riguardo, Neal Bascomb ha scritto con sicurezza ed eleganza “Faster”. Chiunque abbia familiarità con il giornalismo americano ne riconosce immediatamente lo stile.
E gli perdoniamo anche qualche incertezza. L’auto da corsa italiana di Tazio Nuvolari non era una “Tipo” (che in italiano significa solo “tipo”), ma un’Alfa-Romeo Tipo 308.
La guerra trovò Dreyfus a New York dove, nel 1953, aprì un bel ristorante, Le Chanteclair, sulla 49a Strada Est.
Fra i suoi clienti abituali si annoveravano Walter Cronkite, William Faulkner e Neil Armstrong. A detta di tutti, Dreyfus era un ristoratore esperto tanto quanto lo era come pilota da corsa — e, Le Chanteclair, durò fino al 1979.
Quella di Neal Bascomb non è in realtà una biografia, ma più che altro un pretesto per esaltare le corse automobilistiche in sé.
Lo sport inteso come attività caratterizzante del XX secolo, con la sua riverenza per le macchine, la sua adorazione vignettistica per il coraggio, l’idea che l’ingegneria meccanica possa essere espressione del fine ultimo di una nazione, espresso attraverso la competizione a folle velocità.
L’odore dell’era dei “motori a combustione” sta evaporando.
Ci fu chi, in quell’epoca, paragonava i gas di scarico delle auto da corsa ad una miscela di “lucido da scarpe e ananas in scatola”.
Ma quell’era sta svanendo e questo ne rende il ricordo commovente. Una fuga dalla realtà? Sì, certo. Non c’è molta gloria nel nostro mondo.
Ma c’è chi l’ha trovata nella velocità.
Faster: https://www.amazon.com/Faster-American-Heiress-Legendary-Hitlers/dp/1328489876
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Link Originale: https://www.spectator.co.uk/article/rene-dreyfus-the-racing-driver-deteste
Scelto e tradotto da Franco
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