In Unione Europea si sta sviluppando una doppia crisi italiana, che ne sta fortemente minando l’unità. C’è innanzitutto una notevole crisi politica. Basti ricordare il blocco del “riconoscimento” da parte dell’UE dei responsabili del golpe in Venezuela, gli ostacoli posti all’espansione delle sanzioni contro la Russia ed anche il sostegno al movimento dei “gilet gialli” in Francia, che ha suscitato la rabbia del Governo francese. C’è in secondo luogo una grave crisi economica, perché l’Italia sta nuovamente scivolando in recessione. Le banche stanno affrontando notevoli problemi finanziari e i media economici hanno già stimato che questa crisi potrebbe far saltare in aria l’intero sistema bancario europeo. E’ forte la possibilità che i leader dell’UE si trovino presto di fronte ad una scelta: cercare di salvare l’Italia da un’altra crisi, e con essa l’Europa, o “dare l’esempio”, punendo il Governo italiano per le sue politiche economiche ed estere indipendenti. Probabilmente, anche il Governo del Primo Ministro italiano Giuseppe Conte si troverà davanti ad una scelta: inchinarsi – vendendo i suoi principi per ottenere aiuto da Bruxelles – o uscire dall’UE – riconquistando l’indipendenza italiana. La scelta non sarà facile ed entrambe le decisioni saranno dolorose. Come sottolineato giustamente dal The Telegraph: “La crisi in atto in Italia porterà a un default o ad un’uscita dall’eurozona, ma forse ad entrambe le cose”. Al centro della questione italiana c’è che la crisi del 2008 non è mai veramente scomparsa. L’autocompiacimento dei politici europei, specialmente di quelli italiani del passato, sono stati in realtà dei meri tentativi di nascondere sotto al tappeto i vecchi e irrisolti problemi. Fino a poco tempo fa l’economia italiana mostrava una crescita anemica ma, negli ultimi due trimestri, è passata in territorio negativo. Anche gli sforzi fatti per potersi indebitare un po’ di più non stanno aiutando molto. Nell’eurozona ci sono tassi d’interesse negativi ma, per le banche, è spesso più redditizio tenere i loro soldi presso la Banca Centrale Europea o investirli da qualche altra parte fuori dall’Italia, piuttosto che prestarli a rischio alle imprese e ai cittadini italiani, che probabilmente mai restituirebbero quei soldi. In effetti, alla fine del 2017 erano stati registrati in Italia debiti bancari a rischio pari a 185 miliardi di euro, un record per l’UE. L’Italia rappresenta circa un quarto dei prestiti in sofferenza dell’eurozona ed è facile capire perché Bruxelles consideri il paese il punto debole dell’UE. Un altro problema si è sviluppato subito dopo che il Governo Conte – una coalizione populista ed euroscettica – è salito al potere nel Giugno del 2018. Ha cercato di risolvere le questioni economiche aumentando gli incentivi governativi in un’Italia già di per sé indebitata, con il rapporto Debito/Pil al 131pc. Ma la Commissione Europea l’ha subito messo in guardia contro l’ampliamento del deficit di bilancio e l’aumento eccessivo del debito pubblico, minacciando delle multe per violazione della disciplina di bilancio. Sotto minaccia di sanzioni economiche, Il Governo italiano ha dovuto negoziare e fare concessioni sulla sua politica fiscale ma ora, conseguenza della contrazione dell’economia italiana, si trova di nuovo davanti ad una scelta: o accettare la stretta economica dei burocrati europei – e la conseguente insoddisfazione degli elettori – o andare contro la stessa UE. Per capire veramente il problema italiano occorre ricordare che, in quanto membro dell’UE e dell’eurozona, il paese non ha la piena sovranità nazionale, soprattutto sulle questioni economiche. Non controlla la politica monetaria della BCE e non può nemmeno predisporre un bilancio in linea con i desideri del proprio Governo o del proprio Parlamento senza il rischio di incorrere nelle sanzioni della Commissione Europea. Inoltre, gli euroscettici politici italiani sospettano che la Commissione Europea – i cui ruoli principali fanno capo a persone selezionate da Germania e Francia – stia punendo l’Italia strangolando letteralmente la sua economia, conseguenza di un’avversione politica verso le azioni geopolitiche portate avanti dal Governo italiano. Prendete ad esempio la recente mossa di Roma di bloccare il riconoscimento di Juan Guaidó come Presidente del Venezuela da parte dell’UE. È logico che i funzionari filo-statunitensi della Commissione Europea stiano cercando di punire l’Italia il più duramente possibile per un simile comportamento. Ma le iniziative italiane non si limitano al solo Venezuela. Uno dei leader della Coalizione di Governo, il vice P.M. Luigi Di Maio, ha tenuto un incontro con i leader del movimento dei “gilet gialli” in Francia e ha sostenuto i loro sforzi. Quest’incontro è stato interpretato come una grande offesa, poi rientrata, da parte del Presidente Macron, che ha considerato tale azione come un tentativo di legittimazione di un movimento volto a rimuoverlo dal potere. La logica risposta del Presidente francese è stata quella di utilizzare la sua influenza presso la Commissione Europea per esercitare pressioni sull’Italia. È chiaro che un conflitto come questo è indice di una forte instabilità politica all’interno dell’UE e che la situazione sta diventando davvero ingestibile. Da un lato la Commissione Europea potrebbe davvero spingere l’Italia sull’orlo della bancarotta, o addirittura scatenare un vero e proprio tracollo economico che porterebbe, probabilmente ma non sicuramente, ad un cambio di governo a Roma. Ma d’altro canto, se ciò accadesse, l’Italia potrebbe dichiarare il default sul suo debito pubblico, o la sua uscita dall’eurozona, o entrambe le cose allo stesso tempo, nel momento in cui tali minacce sono già state espresse dal Governo italiano, il cui leader non ufficiale è il vice P.M. Matteo Salvini. Ironia della sorte, il peggio di questo scenario sarebbe riservato alle banche francesi che, secondo Bloomberg, hanno sui loro bilanci centinaia di miliardi di euro in Titoli di Stato italiani. Inoltre, un tale shock potrebbe far sì che gli investitori intra ed extra UE comincino a fuggire dall’eurozona, aggiungendo alla crisi bancaria anche una componente valutaria. Il tempo ci dirà se la Commissione Europea sarà disposta o meno a correre dei rischi per punire i politici italiani amanti della libertà, ma possiamo già essere d’accordo con Luigi Di Maio che, dopo aver incontrato i “gilet gialli” francesi, ha dichiarato che “il vento del cambiamento ha attraversato le Alpi”. Per coloro che hanno vissuto il collasso dell’URSS, il simbolismo contenuto nella frase del politico italiano, intenzionale o casuale che esso sia, non può non evocare una certa associazione con ciò che si diceva nello spazio informativo sovietico degli anni ’80. A quel tempo i “venti del cambiamento” soffiavano attraverso ogni singolo crack dell’Unione Sovietica e sappiamo che non sono mai andati a finire bene. I politici populisti europei amano confrontare questo momento dell’Unione Europea con la fine dell’URSS e, decisamente, questo confronto sta cominciando a sembrare fondato come mai prima d’ora. Redazione Oriental Review Link Originale: https://orientalreview.org/2019/03/07/default-or-exit-a-battle-between-italy-and-the-eu-is-inevitab Scelto e tradotto da Franco
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