Fabio Giuseppe Carlo Carisio per Gospanews
La guerra civile in Libia sta per diventare un conflitto bellico internazionale che potrebbe destabilizzare non solo l’Africa, ma l’intero bacino del Mar Mediterraneo.
La questione potrebbe diventare estremamente pericolosa soprattutto per l’Italia, già interessata da continui sbarchi di migranti tra i quali ci sarebbero molti jihadisti.
La Camera dei Rappresentanti di Tobruk che governa la Cirenaica ha rilasciato poche ore fa una nota ufficiale, in cui si dichiara che: “l’Esercito Egiziano ha il diritto e l’autorizzazione ad intervenire militarmente in Libia, se necessario, per proteggere la sicurezza nazionale di entrambi i Paesi”.
Al contempo, altre fonti hanno diffuso dei video sui rinforzi inviati all’Esercito Nazionale Libico (LNA) del Maresciallo Khalifa Haftar.
«Il portavoce dell’LNA Ahmed Mismari ha dichiarato in un comunicato online che i campi petroliferi e i porti del paese sono “chiusi fino a quando gli ordini del popolo libico non saranno attuati” — riporta Al Jazeera — L’Esercito Nazionale Libico (LNA) di Khalifa Haftar ha affermato che manterrà il blocco sulla produzione e sulle esportazioni di petrolio, conseguenza delle quali la National Oil Corp (NOC) ha perso 6 miliardi di dollari».
Lo scorso 5 luglio la modesta aviazione dello LNA ha bombardato l’aeroporto strategico di Al Waitiga, vicino a Tripoli, riconquistato poche settimane fa dall’Esercito GNA, e quindi protetto dai sistemi antiaerei HAWK di Ankara, colpiti proprio nel raid aereo.
«La situazione in Libia resta brutta, continuiamo a vedere palesi violazioni dell’embargo. Intendiamo rafforzare il regime delle sanzioni per una migliore attuazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che accrescerebbe anche l’efficacia della nostra operazione Irini».
Questa dichiarazione è stata rilasciata dall’Alto rappresentante dell’Unione Europea, Josep Borrell, al termine della riunione con i Ministri degli Esteri, poche ore prima che il Governo di Tobruk emettesse il comunicato che apre le porte all’intervento dell’Egitto — con il rischio che Tunisia ed Algeria scendano anch’esse in campo dalla parte del Governo di Tripoli, creando un tremendo scenario di guerra a 260 miglia marine dalla Sicilia, porta per l’Italia e l’UE.
«Le azioni unilaterali della Turchia, specialmente nel Mediterraneo Orientale, devono finire e Ankara deve trovare “una soluzione politica” per la crisi libica “nello spirito del processo di Berlino”», ha spiegato Borrell.
Di altro tenore la dichiarazione di Roma, che si trova nell’imbarazzante situazione di dover dare un senso “diplomatico” alla fornitura di materiale bellico al Qatar, principale sostenitore e finanziatore dell’azione del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan in Libia.
Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha preso posizione sulla situazione in Libia: «Vanno difesi con i denti gli asset geostrategici italiani in Libia», con un implicito riferimento al gasdotto GreenStream e alla piattaforma di estrazione ENI a Sabrata.
«Il nostro obiettivo è di creare una soluzione politica globale, condannando il ricorso all’azione militare. Per questo motivo in questi mesi abbiamo avuto il dialogo come unico strumento di iniziativa politica e, per fare questo, abbiamo dovuto tenere aperti i canali di comunicazione con tutte le parti libiche. Questo non va confuso con l’equidistanza».
Proprio oggi, a Roma, il portavoce del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, incontrerà le Autorità Italiane alla ricerca di una disperata mediazione dopo che la Casa dei Rappresentanti della Cirenaica aveva deligittimato l’annuncio di golpe di Haftar, nella speranza di trovare un accordo di pace con Tripoli, ma ottenendo solo una breve tregua e una risposta ancor più brutale delle truppe di GNA e Turchia.
IL RISCHIO INVASIONE JIHADISTA PER L’ITALIA
Ciò che non sembra preoccupare molto il Governo italiano è l’allarme per gli sbarchi dei migranti, alcuni positivi al Covid-19, che si sono intensificati con la bella stagione e dopo la riconquista del porto strategico di Sabrata da parte dello GNA.
«Al momento sono pronti a partire dalle coste libiche fra i 5mila e i 7mila migranti, ma rappresentano solo la punta dell’iceberg», spiega una fonte del Giornale a Tripoli, in un articolo firmato dal reporter di guerra Fausto Bisloslavo, esperto di scenari africani e mediorientali.
«Secondo lo IOM, costola delle Nazioni Unite, a fine giugno si trovavano in Libia 625.638 migranti. Non tutti si riverseranno in massa in Italia, ma si stima che nei prossimi mesi almeno 20mila si metteranno nelle mani dei trafficanti con l’obiettivo di raccogliere i soldi per imbarcarsi verso l’Italia», scrive il quotidiano Il Giornale.
Biloslavo ha aggiunto che:
«Nonostante lo stop del Covid, la fine dell’assedio di Tripoli e l’inizio dell’estate hanno segnato un’impennata di arrivi nel nostro paese. Agli 8.194 registrati fino a ieri vanno sommati i 5.775 intercettati dalla Guardia Costiera libica, da gennaio a fine giugno, e portati a terra. Lo scorso anno ne erano arrivati appena 3.871. Nei primi 12 giorni di luglio ne sono sbarcati circa 1.300. Nello stesso periodo altri 500 circa sono stati fermati dai tanto criticati guardacoste libici che fanno il lavoro sporco per noi. Una volta riportati a terra i migranti vengono rifocillati dallo IOM e in gran parte rilasciati per finire di nuovo nel meccanismo perverso dei trafficanti di uomini. I centri di detenzione governativi funzionano a singhiozzo».
Il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha annunciato un viaggio a Tripoli per incontrare il suo omologo Fathi Bashaga, ma il rischio di un’escalation militare può compromettere ogni lento e macchinoso sforzo diplomatico per la situazione di illegalità ormai creatasi con l’arrivo delle fazioni jihadiste guidate dagli ex comandanti di ISIS e Al Qaeda pagati da Ankara.
«Le migliaia di migranti pronte all’imbarco si trovano soprattutto ad est di Tripoli, a Garabulli e al Qoms, e a ovest, fra Zawhia e Zwara. Il bacino d’utenza dei trafficanti, in gran parte nei lager sotto il loro controllo, è attorno ai 20mila migranti per quest’estate e fino a quando le condizioni meteo permetteranno di attraversare il Mediterraneo» — spiega Biloslavo.
«Sono tornati soprattutto sulla costa, da Tripoli fino in Tunisia, i vecchi trafficanti di uomini e non mancano nuove leve che hanno annusato il business», rivela la fonte di Tripoli.
Il più noto è Ahmed al-Dabbashi detto «Ammu» (lo zio).
«L’Onu lo aveva sanzionato indicandolo come uno dei più grossi trafficanti di esseri umani. E adesso è tornato a Sabrata grazie alla vittoria del governo Serraj garantita dall’appoggio militare turco. Anche Al Gospi, altro boss, è rispuntato sulla costa ad ovest di Tripoli», precisa il giornalista in perfetta sintonia con quanto sostenuto dall’Esercito di Haftar.
Dopo aver visto quanti attentati, brutali omicidi, stupri e razzie hanno commesso i jihadisti pagati dal Presidente turco Erdogan nel Rojava (Nord Est della Siria), e in particolare ad Afrin , con la complicità di ex capi dell’ISIS e di Al Qaeda, molti dei quali portati in Libia, non abbiamo alcun dubbio nel credere alle parole del portavoce di Haftar.
E nel pensare che il generale della Cirenaica, in questo momento, sia probabilmente il “male minore” per l’Italia e l’Europa.
Questa considerazione si aggiunge al fatto che nei giorni scorsi un ingente quantitativo di anfetamine usate dai kamikaze jihadisti per vincere i freni inibitori nei loro atti terroristici è stato sequestrato a Salerno…
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Scelto e pubblicato da Franco
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