Roberto Marchesini per La Nuova Bussola Quotidiana
Scopriremo se quello di cui si comincia a parlare, la spartizione del Paese, sia o meno reale.
Per il momento abbiamo una conferma dalla storia: la Polonia, in una situazione simile a quella dell’Italia di oggi, fu svenduta a Russia, Prussia e Austria per pagare il debito della Corona Polacca accumulato dall’ultimo Re, il massone Augusto Poniatowski.
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A volte, studiare la storia di altri Paesi è molto istruttivo.
Ho recentemente approfondito uno degli episodi più scioccanti della storia moderna, la spartizione della Polonia.
Si trattava del più esteso Paese europeo: ricchissimo, colto, tenacemente «europeista» e «romano», che aveva avuto più volte un ruolo esiziale nella storia del nostro continente (si pensi alla liberazione di Vienna, nel 1683).
Insomma: un colosso europeo che, come tutti i colossi, aveva i piedi d’argilla.
Il piede destro era zuppo di vodka, che avvelenava i contadini e le classi popolari, il piede sinistro era tarlato dall’usura, che sovvenzionava una classe nobiliare contadina (la cui economia era, quindi, ciclica) e perennemente in guerra.
Non faceva eccezione l’ultimo Re polacco, Augusto Poniatowski (1732 – 1798).
Massone, era poco più che un burattino nelle mani delle potenze straniere e, soprattutto, dei creditori: aveva infatti le mani bucate ed arrivò ad accumulare 40 milioni di złoty di debiti (fu persino imprigionato per questo motivo).
I suoi creditori erano usurai polacchi e, ovviamente, le banche: soprattutto con la banca del protestante scozzese Peter Ferguson Tepper (che fallì, a causa dei debiti di Poniatowski) e con le banche di Amsterdam.
Bene, arriviamo alle spartizioni.
Esse furono tre, nel 1772, nel 1793 e nel 1795, per opera di Prussia, Russia e Austria.
La prima avvenne immediatamente dopo l’abdicazione e la fuga (in Russia) di Poniatowski; le altre seguirono, praticamente, in modo meccanico.
Ora: mi sono più volte chiesto come sia stata possibile una cosa del genere.
Come può accadere che tre Stati si accordino tra loro per spartirsi un quarto Stato, senza suscitare la minima reazione nella comunità internazionale o all’interno dello Stato destinato a scomparire?
Ora la cosa è più chiara, è sufficiente (come al solito) seguire il denaro.
Se la finanza prende il posto della politica, può accadere che i creditori svendano un intero paese al miglior offerente; in questo caso a Russia, Prussia e Austria.
I primi due si offrirono di pagare 2/5 dei 40 milioni di złoty del debito della corona polacca; l’Austria 1/5. Naturalmente, i costi di questa operazione sono stati trasferiti sulla popolazione locale grazie a esazioni e confische.
Questa la storia. Veniamo ora alla parte istruttiva.
La situazione della Polonia di fine Settecento ricorda molto quella dell’Italia attuale: il vuoto politico, il forte indebitamento …
Prevengo la facile obiezione: so benissimo che il popolo italiano non è un Poniatowski collettivo.
Il popolo italiano ha un risparmio privato enorme, sebbene in progressiva erosione; e lo Stato italiano produce (caso pressoché unico in Europa) un avanzo primario ormai da anni.
Semplifico: lo Stato italiano incassa più di quanto spende per i cittadini, ormai da anni. Resta comunque l’enorme debito pubblico che, prevedibilmente, è destinato a salire ulteriormente nel prossimo futuro.
E quindi? Dopo tutto il sangue versato e la retorica unitaria, a nessuno verrebbe in mente di dividere l’Italia.
Eppure, l’ipotesi di una spartizione della penisola emerge (per ora carsicamente) qua e là, tra i ben informati.
Ne ha scritto, ad esempio, Beppe Grillo nel suo blog; se ne vagheggia su Il Sussidiario; ne parla esplicitamente Dario Fabbri.
In soldoni, uno dei possibili scenari futuri è proprio la spartizione dell’Italia tra Stati Uniti (Sicilia e Sud d’Italia, una portaerei naturale nel cuore del Mediterraneo), Germania (il Lombardo-Veneto produttivo) e Francia (Piemonte e Val d’Aosta).
Resterebbe, abbandonato a sé stesso, il Centr’Italia.
Questo scenario getta una nuova luce sul ruolo che la Lega ha svolto (e continua a svolgere) dagli anni Novanta del secolo scorso ai giorni nostri.
Fanta-politica? Oppure uno scenario possibile e auspicato da alcuni?
Lo scopriremo tra qualche anno (o mese?).
Per il momento abbiamo una conferma che dalla storia, anche da quella altrui, si può imparare molto.
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Scelto e pubblicato da Franco
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