Kit Knightly per Off Guardian
Domenica scorsa ci sono state in Bielorussia le Elezioni Presidenziali e a vincerle è stato l’attuale Presidente, Alexandr Lukashenko.
Era una cosa che evidentemente non doveva succedere.
Il risultato contrasta con i piani dell’Occidente ed ecco perché è in atto una piccola Rivoluzione Colorata.
Quando si parla di Rivoluzioni Colorate nell’Europa dell’Est, Shaun Walker [corrispondente del Guardian] emerge dalla sua tana portandosi dietro le solite 3.000 parole di puro strozzinaggio politico.
Una serie di “prove” del tutto apodittiche mischiate a citazioni partigiane di ONG sostenute dall’Occidente.
Ad esempio articoli come questo: https://www.dumptheguardian.com/world/2020/aug/14/women-belarus-take-protests-into-their-own-hands
Un’altra buona indicazione consiste nel vedere quanto Simon Tisdall [editorialista del Guardian] sia irritato … e, a giudicare da questo pezzo, decisamente lo è [https://www.dumptheguardian.com/commentisfree/2020/aug/16/erdogan-is-both-a-bully-and-a-menace-europe-ignores-him-at-its-peril].
Certo, parla soprattutto di Erdogan e della Turchia, ma ha parole durissime anche per Lukashenko.
Non mi sorprenderei se avesse rotto i tasti del portatile, a tal punto furioso è il suo modo di scrivere.
Se proprio non ce la fate a leggerlo, non vi biasimo.
Ve lo riassumo io: la NATO deve “fare qualcosa”, deve “intervenire”.
Non usa la parola “colpo di stato” perché dalle nostre parti queste cose non si fanno, ma intende dire sicuramente un “colpo di stato”.
L’Economist, a sua volta, parla del “modo giusto per liberarsi di Lukashenko” [https://www.economist.com/leaders/2020/07/30/the-right-way-to-get-rid-of-president-alexander-lukashenko], mentre la Chatham House insiste che è il momento di “giocare duro” con la Bielorussia [https://chatamhouse.org/expert/comment/belarus-policy-time-play-hardball].
Anche il Ministro degli Esteri dell’UE, Josep Borrell, si è fatto coinvolgere dichiarando che le elezioni bielorusse siano state “né libere né giuste” e che “il popolo bielorusso meriti di meglio”.
Non ho idea se il voto sia stato truccato o meno.
Ma so che nessuno di coloro che lo sostengono ha fornito prove a sostegno … e sono sempre sospettoso quando si citano i fatti senza le prove.
Perché sapete bene che se le avessero avute le avrebbero usate.
Inoltre, sia l’Europa che l’Occidente non si son mai minimamente preoccupate della correttezza delle elezioni nell’Europa dell’Est.
Come prova, basti pensare alla totale mancanza di reazioni per quel brutto pasticcio delle elezioni ucraine del 2014.
Per quanto riguarda la violenza della Polizia contro i manifestanti, negli ultimi due giorni Lukashenko e la Bielorussia hanno ricevuto parole più dure sulla stampa occidentale di quante ne abbia mai avute Macron nei 18 mesi dei “Gilets Jaunes”.
La storia è molto chiara: la corruzione e la violenza non sarebbero di alcun ostacolo per fare affari con l’Occidente, se solo Lukashenko fosse disposto a servire l’agenda del Deep State.
La politica di Lukashenko in materia di Coronavirus dimostra che non è disponibile a seguire le “prescrizioni occidentali”.
Di conseguenza, ventisei anni di tolleranza sono giunti alla fine ed è quindi ora che se ne vada.
Sono presenti tutti i segni distintivi di un lancio giornalistico.
L’uso improvviso e uniforme di una certa terminologia (in questo caso “l’ultimo dittatore d’Europa”), i cartelli di protesta scritti in inglese e i resoconti dei social media sugli “eroi” che superano le avversità.
Ad esempio, questa donna che non potendo partecipare alle proteste tesse una trapunta. Sì, sul serio [the woman who can’t live steam the protests so weaves them into a quilt instead].
Le marce di protesta a Minsk — le donne con i fiori in mano e vestite di bianco — sono decisamente un bel colpo d’immagine.
La domanda è come la chiameranno. Non assolutamente “rivoluzione bianca”, per ragioni abbastanza ovvie.
Forse “Rivoluzione dei Fiori”?
Le opzioni sono limitate ma qualunque nome finiscano per inventarsi, non può essere peggiore di “Rivoluzione delle Nevi” [https://en.wikipedia.org/wiki/2011%E2%80%932013_Russian_protests], che diede origine sappiamo bene a che cosa.
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Link Originale: https://off-guardian.org/2020/08/16/belarus-in-the-firing-line-for-a-colour-revolution/
Scelto e tradotto da Franco
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La nostra opinione
Caduto a pezzi il comunismo sovietico, abbiamo assistito alla svolta filo-atlantica della Russia che ha avuto termine quando Putin ha messo al primo posto la dignità del suo paese.
“Make Russia Great Again”, verrebbe da dire.
La “palude di Washington” cerca da sempre di rovesciare quel regime, basti pensare alla “Rivoluzione Colorata” in Ucraina.
Conseguenza della semi-paralisi generata dalle manovre anti-Trump, quella parte d’America ha continuato con le sue Rivoluzioni Colorate, che sembrano organizzate dal basso ma, in realtà, lo sono dall’alto.
L’obbiettivo, come sempre, è che il popolo appaia oppresso dal dittatore di turno in modo che l’intervento occidentale sembri di tipo umanitario.
E’ quello che sta succedendo, ancora una volta, in Bielorussia.
Putin ha dichiarato di voler sostenere Lukashenko per evitare che possa ripetersi un’”Ucraina 2014”: la formazione di un Governo appoggiato dai globalisti e dalla UE (si legga Germania, tesa ad ampliare il suo “spazio vitale”).
E’ appena il caso di ribadire che Lukashenko ha sempre avuto posizioni disallineate rispetto al Fondo Monetario Internazionale, ai lockdown e alle terapie proposte da un certo Occidente.
Staremo a vedere. Ma la Russia non sembra colta di sorpresa come nel 2014 … e anche l’America, a novembre, potrebbe non essere più la stessa.
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Franco
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