Redazione: La fine della libera circolazione, motivata da fatti sia contingenti (pandemia) che assoluti (migrazione illegale, lotta al terrorismo), è paradigmatica dello stato comatoso dell’Unione Europea.
La “cittadinanza europea” non avrebbe senso se non fosse accompagnata dal diritto a muoversi, trasferirsi, attraversare i vecchi confini, sentirsi a casa ovunque nel territorio dell’Unione.
Scolasticamente, è un elemento essenziale che si accompagna alla progressiva armonizzazione dei diritti civili e sociali.
Se all’origine delle Istituzioni Europee si pensava soprattutto alla libertà di movimento dei lavoratori (senza questo presupposto viene meno il concetto stesso di AVO, per come ce lo ha spiegato il Nobel Robert Mundell), il concetto si è esteso nel tempo alle persone in quanto tali.
Lo scambio di studenti, ad esempio, ne è un aspetto importante (nonostante qualche doveroso puntino sulle ‘i’).
Ma quello che sembrava un principio assoluto si è trasformato nel tempo in un fatto relativo che, piaccia o meno, rappresenta la fine stessa del “sogno (incubo) europeo”.
Qualcuno ha dimenticato il blocco del Brennero? Noi no.
L’articolo di Spectator UK che proponiamo a seguire irride la fine della “libera circolazione”.
Era il ”fiore all’occhiello” dell’UE senza il quale cosa resta del blocco, visto lo spettacolo verminoso cui assistiamo ogni giorno?
Conflitti irrisolvibili fra Parlamento e Commissione, paesi-membri in contrasto fra loro per ragioni sociali, economiche, strategiche e geopolitiche, un Recovery Fund che sarà probabilmente abortito nella sua forma attuale (semmai fosse approvato) …
Parafrasando Massimo Troisi, ”Credevamo fosse un’Unione … ed invece era un calesse”
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Matthew Lynn per The Spectator UK
I posti di frontiera sono stati smantellati. Le guardie armate e i cani da fiuto sono stati ritirati.
L’Ufficiale dall’aspetto scontroso che ti guarda con sospetto prima di consegnarti il passaporto è stato da tempo relegato nelle pagine polverose dei vecchi thriller di spionaggio.
Negli ultimi due decenni, se l’Unione Europea ha avuto un “fiore all’occhiello”, questo è stato sicuramente la ”libertà di movimento”.
Il viaggio senza frontiere attraverso il Continente è stato di gran lunga il cambiamento più significativo nella vita quotidiana che l’UE abbia mai realizzato.
E, davvero, quando i Remainers di questo Paese, persi dietro a un calice di Prosecco, cominciano a blaterare di quello che hanno perso lasciando l’UE, i viaggi senza frontiere sono spesso ciò che li preoccupa di più.
Ma, aspettate. Ora scopriamo che la libertà di movimento è molto più fragile di quanto pensassimo.
Con la diffusione del Covid-19 in tutto il Continente, i Paesi hanno ricominciato a chiudere le frontiere, imponendo regole di quarantena che hanno reso ridicolo l’intero concetto.
La Germania ha imposto restrizioni alle persone che arrivano dal Belgio, dal Regno Unito, dall’Irlanda e da molti altri paesi.
Anche l’Ungheria ha imposto restrizioni.
La Danimarca non è contenta che i suoi cittadini viaggino nella vicina Svezia mentre la Finlandia ha imposto restrizioni ai viaggiatori provenienti da altre parti della Scandinavia.
La lista potrebbe andare avanti all’infinito.
Viaggiare da un paese all’altro dell’UE è difficile come mai dai tempi della Guerra Fredda e, in Occidente, dalla 2a Guerra Mondiale.
Come risposta a questa situazione, la Commissione ha cercato di salvare il salvabile, proponendo questa settimana un sistema comune di “restrizioni di viaggio” per tutto il Continente, in uno sforzo disperato per preservare il concetto [di libertà di movimento].
Il piano divide l’UE in zone: rosse, arancioni e verdi in base al tasso d’infezione.
Si suppone che la libertà di movimento sia destinata a persistere da “zona verde” a “zona verde”, nelle quali i Governi Nazionali non intendono imporre restrizioni o quarantene.
La fregatura, tuttavia, è che praticamente tutto il Continente è ora arancione o rosso.
In pratica, molte frontiere sono tornate al loro posto, indipendentemente da ciò che pensa Bruxelles.
Non doveva essere così, naturalmente. Il Covid-19, in effetti, non rispetta i confini e si muove senza sforzo attraverso di essi.
I tassi d’infezione variano da regione a regione piuttosto che da paese a paese.
Ma, in una crisi, si scopre che i confini sono la linea di demarcazione più facile da far rispettare. Gli spostamenti da un luogo all’altro possono essere controllati con relativa facilità.
Le restrizioni nazionali hanno causato un grande caos per l’industria dei trasporti e per le centinaia di migliaia di persone abituate a lavorare e a studiare in diversi Paesi.
Resta da vedere se la libera circolazione tornerà come una volta dopo che tutto questo sarà finito.
Le restrizioni sono sempre molto più difficili da rimuovere che da imporre. Lo scopriremo a tempo debito.
A tutt’oggi, però, il “fiore all’occhiello” dell’Unione Europea è palesemente a brandelli.
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Link Originale: https://www.spectator.co.uk/article/covid-has-killed-the-eu-s-crowning-achievement
Scelto e tradotto da Franco
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