Franco per Mitt Dolcino
Ai Generali inglesi che intimavano “Granatieri, arrendetevi, sarete trattati come i soldati più valorosi del mondo!”, Pierre Cambronne rispose: “Merde”.
E così fu lui a vincere. Non sul campo di battaglia, ma nella memoria storica e nel cuore della gente.
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L’uso del termine “fascista” per descrivere i movimenti politici che l’élite disapprova è un insulto alla ragione e alla storia.
Quello che abbiamo visto al Campidoglio non è stato un “colpo di stato fascista”.
Un “colpo di stato” è il tentativo di prendere illegalmente il potere.
Ma le persone che sono entrate in Campidoglio non riuscivano nemmeno a credere ai propri occhi.
Erano come bambini che avevano trovato un negozio di dolciumi incustodito.
E non è stata nemmeno un’insurrezione, come l’hanno chiamata Joe Biden e qualche altro sproloquiatore.
Se non fosse per le quattro persone morte (ma successivamente, in strada), potremmo pensare a una versione solo più colorita dei raduni degli appassionati di storia, che passano i fine settimana vestiti da soldati della Rivoluzione o della Guerra Civile.
Sfidare la narrazione che si è costruita così rapidamente intorno all’invasione del Campidoglio non significa minimizzare ciò che è accaduto.
Si tratta solo di fare chiarezza e di prendere posizione contro la successiva minaccia delle élite culturali, economiche e politiche.
I loro isterici avvertimenti sul “fascismo che risorge”, sulle folle che “minacciano l’incontaminata democrazia statunitense”, potrebbero portare a ulteriori restrizioni sia sull’azione che sulla comunicazione politica.
Tutti quelli che credono nella libertà e nella democrazia dovrebbero mettere l’evento in prospettiva, non per scusare l’idiota che s’è fatto un selfie accanto alla statua di Reagan, ma per difendersi dalla risposta illiberale e antidemocratica delle élite.
Per assicurarsi, in altre parole, che la loro risposta non finisca per minacciare la democrazia più dell’evento in sé.
Temo, purtroppo, che lo stiano già facendo.
La pretesa di un “colpo di stato fascista”, in effetti, esprime il tentativo di dare al loro progetto uno spessore morale, utile alla restaurazione del potere elitario, dopo l’esperimento populista durato quattro anni.
L’urgenza storica come pretesto per la loro missione.
Peggio ancora, questa narrazione permetterà alle élite di circoscrivere ancora di più il pensiero politico, perché “il fascismo latente fra la plebaglia americana [i “deplorevoli” di clintoniana memoria] rischia di essere fomentato da idee e commenti infiammatori”.
In effetti, uno scorcio agghiacciante della repressione post-incursione ce la sta dando la straordinaria decisione di Twitter di bandire, in modo definitivo, alcuni tweet di Trump e di chiudere il suo account per 12 ore.
Colpisce come un pugno allo stomaco l’uso unilaterale del potere aziendale da parte della Silicon Valley.
Impedire a un Presidente democraticamente eletto di comunicare con milioni di suoi elettori e sostenitori, fino a proibirgli fisicamente di partecipare alla discussione online, è anche e soprattutto un grave assalto alla democrazia.
Molto più grave, direi, della farsa di Capitol Hill.
Ho intuito immediatamente che la risposta a quell’evento avrebbe avuto conseguenze negative per le norme democratiche.
Continuando, anche la condanna espressa delle élite agli “scatenati invasori” è falsa e strumentale.
Sono le stesse élite che, per settimane, si sono rifiutate di condannare i disordini, quelli sì distruttivi, che hanno colpito gran parte degli Stati Uniti, sulla scia dell’omicidio del discusso George Floyd a Minneapolis.
La CNN aveva definito le violente aggressioni agli edifici e ai mezzi di sussistenza dei BLM/Antifa come proteste “per lo più pacifiche”.
Anche Biden e gli altri leader Democratici restarono in silenzio.
Quando i manifestanti assalirono le Stazioni di Polizia e persino un Tribunale, a Portland, non si preoccuparono molto.
E allora, come si può dare il via libera alle rivolte dei BLM e poi condannare la pacifica follia in Campidoglio?
Come possono aspettarsi di essere presi sul serio?
La loro supremazia mediatica significa che possono presentare le rivolte dei BLM come pacifiche manifestazioni e un’incursione in Campidoglio come se fosse “fascismo”.
È il controllo che hanno sulla narrazione politica, sul significato di parole come rivolta, saccheggio, fascismo e così via che dev’essere affrontato.
In democrazia, non possono esserci due pesi e due misure.
Joe Biden ha vinto le elezioni, ma non onestamente. Secondo gli americani le ha rubate.
Eppure, l’accettazione del risultato da parte dei perdenti è vitale in una sana società democratica.
Ma quale consenso possono esprimere verso chi ha usato mezzi truffaldini?
Quale consenso se i Tribunali hanno respinto le prove dei brogli per presunte ragioni di legittimità, creando un precedente davvero pericoloso (da oggi in poi chiunque potrà truccare un’elezione, visto che i Tribunali sono incompetenti a intervenire)?
Quale rispetto per il popolo e per la sua volontà democratica?
In questo momento molti osservatori stanno leggendo la storia al contrario.
Parlano degli eventi del Campidoglio come del culmine del governo Trump, espressione ultima della sua presidenza anti-establishment.
Ma questa è una sorta di teologia del destino.
In verità, la pacifica occupazione del Campidoglio segnala lo sconforto per il declino della speranza che il trumpismo rappresentava.
Non so se Trump sia finito. Sento troppi “de profundis” fuori luogo.
Ma ammesso che lo sia, non significa che anche il populismo debba esserlo.
Al contrario, ne abbiamo bisogno più che mai, con o senza Trump.
Per proteggere il popolo e la democrazia dalle élite, il cui progetto illiberale e tecnocratico, il “Great Reset”, trarrà tristemente vantaggio dagli eventi della scorsa notte e dal racconto disonesto che si sta tessendo intorno a essi.
E allora … “merde, monsieur Biden”, noi tiriamo avanti.
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Franco Leaf