David Broder per jacobinmag
Il governo di Mario Draghi è stato presentato da quasi tutti i media italiani e internazionali come un’operazione di salvataggio.
La maggior parte dei media ha esaltato “Super Mario” e il suo piano per “salvare l’Italia” attraverso il Recovery Fund europeo da 209 miliardi di euro.
Le implicite “riforme” non sono state nemmeno menzionate: dopotutto, questo governo non ha alcuna relazione con gli elettori!
E’ la quarta volta dagli anni ’90 che un Presidente della Repubblica chiama un tecnocrate proveniente dal mondo della finanza a formare un gabinetto, a metà legislatura.
Anche otto dei ventitré Ministri di Draghi sono tecnocrati non eletti, insediati in ministeri-chiave.
Non sono politici e hanno background e istinti simili.
Il Ministro dell’Economia Daniele Franco è un ex alto-funzionario di quella Banca d’Italia che scrisse a quattro mani con la BCE la famosa lettera del 2011, che costrinse il governo a privatizzare, a ridurre la contrattazione collettiva e lo stato sociale.
L’ex AD di Vodafone, Vittorio Colao (diventato Ministro dell’Innovazione e della Transizione Digitale) è un ex partner della società di consulenza privata McKinsey & Company.
Ora, è stato rivelato che sarà proprio la McKinsey a scrivere il piano economico dell’Italia per i prossimi anni, piano che sarà poi sottoposto all’esame della Commissione Europea alla fine del prossimo mese.
Conosciuta per il suo ruolo nello scandalo della Enron, nella crisi finanziaria del 2008 (promosse la cartolarizzazione illimitata degli asset ipotecari) e nel pasticciato lancio dei vaccini in Francia, la McKinsey è ora chiamata a plasmare l’agenda delle “riforme” del governo Draghi.
La Repubblica, il principale quotidiano di centro-sinistra del paese, ha esaltato la mossa: “Di fronte a una corsa contro il tempo, il governo Draghi ha assunto la posizione di una società privata di fronte a una nuova opportunità di business che non fa parte delle sue attività principali”.
Lo stesso giornale aveva detto che la necessità di “fare in fretta” significava che Draghi stesso avrebbe scritto il piano di ripresa, insieme al Ministro delle Finanze Franco.
Ma questo piano è stato ora esternalizzato e La Repubblica esalta la mossa.
L’opinione che si tratti di una collaborazione puramente “tecnica” — che le scelte di McKinsey non saranno politiche — è palesemente assurda, anche perché è la stessa che era stata espressa a favore del “governo tecnico” di Draghi.
Per decenni, l’imposizione di ricette neoliberiste è passata attraverso la stessa procedura, con le privatizzazioni rivestite del dogma delle “scelte inevitabili”.
Per ora, Draghi gode di alti indici di gradimento — proprio come il predecessore Mario Monti nei primi mesi del suo governo.
Ma gli italiani scopriranno presto che Draghi non ha 209 miliardi di euro di nuovi soldi da spendere (il totale dei prestiti e delle sovvenzioni del Recovery Fund, prima di considerare i contributi italiani), ma è più vicino ai 10 miliardi di euro l’anno (per 5 anni) — una miseria rispetto ai 160 miliardi di euro persi per il momento come conseguenza della pandemia.
Al momento della sua “nomina”, molti dei sostenitori di Draghi hanno insistito nel dire che il suo geverno non sarebbe stato come quello di Mario Monti del 2011-13, le cui misure di austerità hanno distrutto la domanda interna e portato a un calo del 3% del Pil.
Nonostante ci fosse il suo nome nella lettera della BCE che preparò la strada alle “riforme” di Monti, Draghi ha ammesso recentemente che dovremo convivere con la realtà di un alto debito pubblico.
Eppure, le sue recenti nomine confermano che le stesse vecchie figure hanno di nuovo occupato il governo.
La scelta di Francesco Giavazzi (un Professore della Bocconi di Milano) come Consigliere Economico è stata rivelatrice: se il suo predecessore, Mariana Mazzucato, era una rinomata keynesiana, egli è invece un sostenitore dichiarato delle politiche liberiste e del “vincolo esterno” europeo.
Come ha scritto Lorenzo Zamponi, è abbastanza plausibile che possa esserci qualche cambiamento rispetto all'”austerità espansiva” del secondo decennio del secolo [di cui Giavazzi è stato teorico insieme ad Alesina].
Ovvero, Draghi metterà probabilmente le riforme economiche al di sopra della semplice riduzione della spesa complessiva.
Tuttavia, la nomina degli ideologi della McKinsey e della Bocconi punta chiaramente verso gli stessi obbiettivi di privatizzazione, deregolamentazione e riduzione dello stato sociale che i tecnocrati hanno imposto all’Italia per decenni, senza mai ottenere il sostegno popolare.
Lo stravagante e blairiano Matteo Renzi ha giocato un ruolo decisivo nell’ascesa di questo governo (il suo partito raccoglie meno del 3% dei consensi), consentendo a figure di simile orientamento di andare ancora una volta al potere.
La coalizione fra la sinistra moderata e il M5S, che aveva sostenuto la precedente Amministrazione, diventerà probabilmente la prima vittima della nuova agenda.
Il nome “governo degli esperti” potrà anche suonar bene — ma solo a patto di dimenticare i precedenti, che hanno contribuito a spingere il Pil italiano al di sotto del livello in cui era nel 1999.
Ma La Repubblica, a suo modo, ha ragione a paragonare questa mossa a quella di un’azienda privata che assolda la McKinsey.
Perché anche in un’azienda in crisi non vige la democrazia e, quando i consulenti chiedono una “ristrutturazione”, sono i lavoratori a essere fregati.
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Link: https://jacobinmag.com/2021/03/italy-draghi-mckinsey/
Scelto e tradotto da Roberto321656
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