Abbiamo intervistato Paolo Sensini, analista geopolitico e storico, autore di numerosi saggi. Il suo sguardo acuto e disincantato lo rendono un prezioso testimone della nostra epoca.
Una grande onestà intellettuale, un grande intuito, un’innegabile talento nel vedere oltre la cortina di fumo che viene spacciata come reatlà.
Ci ha parlato della Libia e delle oscure vicende legate all’uccisione dell’Ambasciatore Chris Stevens nel lontano 2012; del ruolo della Turchia e della sua nefasta influenza sulla Libia stessa.
Espone con lucidità l’autoritarismo crescente, chiama il Covid operazione di ingegneria sociale e non ha nessun timore a dire che siamo nel bel mezzo di una “infowar”, ossia una guerra di percezione.
L’obiettivo di questa guerra di percezione? Noi. Noi cittadini.
Riusciremo a creare una massa critica di persone consapevoli, tale da contrastare questo nemico ormai nemmeno così invisibile. Perché i più dormono e si rigirano beati nel giaciglio dei loro sensi, spersi nel sonno della ragione. Sappiamo bene cosa genera questo sonno.
I NO PAURA DAY, dei quali Paolo Sensini è animatore, hanno il compito di riunire fasce di popolazione consapevole, di creare legami e cementificare i rapporti tra persone libere e coraggiose, che non hanno nessuna intenzione di cedere i loro diritti.
Vi invito a visitare il sito di questo grande pensatore, che non ha paura di questo Leviatano proteiforme: http://paolosensini.com/
Inoltre vi voglio indicare questa pagina Facebook (una delle tante), nella quale troverete informazioni utili sugli eventi NO PAURA DAY: https://www.facebook.com/noPauradayCesena/
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Torniamo al lontano 2012: che ruolo avrebbe dovuto avere l’Italia, in particolare con il compianto Generale Calligaris, nell’operazione di salvataggio dell’Ambasciatore Chris Stevens, la notte in cui venne sostituito il Generale Carter Ham da capo dell’Africom?
L’operazione a cui allude è un intervento sul quale bisogna fare un passo indietro. Quella parte è l’epilogo di una tragica vicenda, che ha visto l’Italia farsi scippare la Libia a partire dal febbraio 2011, con cui aveva un interscambio di rapporti tra i più stretti che ci fossero tra due Paesi in Europa e Nordafrica.
In poche parole, la Francia – ovviamente col benestare degli Stati Uniti – ha dichiarato guerra alla Libia per una serie di motivi.
Prima di tutto perché c’era un progetto di costituzione di una nuova moneta, il Dinaro d’oro, che avrebbe dovuto sostituire nei Paesi dell’ex impero coloniale francese il Franco CFA. Poi perché la Libia ha degli importanti giacimenti di gas e di petrolio.
La cosa più ovvia è stata quella di fare guerra a questo Paese. Esso era la testa di questa operazione.
L’Italia in una maniera semplicemente vergognosa, a partire dal Presidente della Repubblica – che allora era Giorgio Napolitano – e poi di tutta la sinistra e quindi del governo presieduto da Berlusconi, ha abbassato la testa e ha prestato il fianco a un’operazione che ha dell’incredibile.
Innanzitutto sotto il profilo delle menzogne, che sono state raccontate mediaticamente, che hanno incendiato letteralmente quel territorio, che continua ancora oggi e che hanno privato l’Italia di un partner con cui aveva un interscambio fondamentale e ha spalancato le porte a un’immigrazione clandestina, di cui vediamo tragicamente gli effetti da quei giorni in avanti.
Quindi la vicenda di Chris Stevens è solo l’epilogo di una vicenda dai contorni molto oscuri. Non è neppur vero, che come si è detto da più parti, che sia stato ucciso da degli jihadisti.
Io l’ho scritto nel mio libro, nella seconda edizione (Libia: da colonia italiana a colonia globale, Milano 20217). In realtà, gli americani contribuivano pesantemente al fatto che questi jihadisti fossero coloro che poi avevo fatto il colpo di stato in loco contro Gheddafi, tutti tra l’altro della Senussia. In quei giorni stavano animando attraverso l’ambasciata americana, di cui era a capo Stevens, tutta questa transumanza verso la Turchia di jihadisti e di armi, per attaccare la Siria a partire dal confine turco.
Quindi non c’era nessun conflitto o ruggine tra americani e jihadisti libici. È invece molto probabile, e io l’ho scritto che, basandomi su una serie di documenti che circolavano allora e poi, magicamente come spesso accade, fatti sparire, sia stato piuttosto un attacco fatto da un gruppo di resistenti, chiamato la “Resistenza verde”. Questi non avevano dimenticato ciò che Stevens e i suoi accoliti avevano fatto a Gheddafi.
È una vicenda che andrebbe anch’essa contestualizzata, ma nell’ambito di ciò che era venuto prima e di un’operazione che definire vergognosa e con degli effetti tragici, a medio e lungo termine, è ancora poco.
La Libia tornerà ad essere ottomana, ossia turca? O ci sarà un passaggio di testimone, con Biden presidente? Nel caso la Turchia prendesse possesso della Libia, l’Italia cosa rischierebbe ad avere un vicino così aggressivo a pochi kilometri di mare?
Di fatto è già quasi così. Nel senso che la Turchia, con questa politica neo-ottomana di Erdogan, sta sostanzialmente occupando tutte le caselle che le vengono lasciate.
Il pericolo è enorme.
La Turchia, fin dall’inizio dell’operazione spacciata come “Primavera Araba”, è protagonista in tutta l’area, laddove si sono svolte queste rivolte, vendute al pubblico europeo come “richieste di democrazia”.
In realtà non hanno nulla a che fare con ciò che noi definiamo tale, o con qualcosa di simile al modello Occidentale. Anzi sono esattamente il contrario, perché la Turchia è il maggior sponsor della Fratellanza Musulmana.
Quella che appunto ha causato i più gravi danni in Libia. Legatissima alla Senussia, ha suscitato il colpo di Stato che i media, attraverso Al Jaazera e tutti i nostri media internazionali, raccontavano come l’opposizione democratica.
In realtà erano degli jihadisti in loco, che poi hanno dato vita a tutto il casino che abbiamo visto sia in Libia, sia in Siria, fino a pochissimo tempo fa e che ancora oggi continua.
Dunque il pericolo che la Turchia rappresenti davvero una minaccia molto grave e che gestisca, a pochissime miglia marittime dall’Italia, una situazione che ci vedeva prima come protagonisti dell’area e che oggi per incapacità, sudditanza politica e irresponsabilità è molto molto alto.
Con Biden, francamente, non vedo grandi colpi di coda. Da quando c’è lui vedo piuttosto una ripresa delle ostilità in Siria. Vedo appunto la politica americana che si pone in continuità con quella che fu di Obama, con la Clinton, che non dimentichiamolo era Segretario di Stato quando iniziarono le rivolte in Nordafrica, la cosiddetta Primavera Araba.
E nessuno dimentica le famose frasi dette dalla Clinton nei confronti di Gheddafi, citando nientemeno che Giulio Cesare (We came, we saw, he died), mentre veniva sodomizzato in diretta e massacrato a beneficio di telecamere.
Questo avvenne durante l’era Obama, che ha visto ben sette scenari di guerra in contemporanea con la sua presidenza. Cosa che non era mai avvenuta in nessun’altra presidenza americana.
Ricordiamo anche che Obama è stato insignito con un premio Nobel in anticipo per la Pace, fatto anch’esso che ha semplicemente dell’incredibile.
Biden si pone dunque sulla stessa linea. Egli è l’espressione di quelle forze, di quella linea di condotta guerrafondaia su cui Trump, senza farne nessun elogio acritico, aveva cercato in qualche modo di contenere. Forse proprio per questo è andato incontro alla fine e all’ostilità che ha costellato tutta la sua presidenza dal primo giorno che si è insediato alla Casa Bianca sino all’ultimo.
Lei è stato sempre molto critico nei confronti dei media Occidentali. Perché i media occidentali continuano a mentire spudoratamente ai propri cittadini, dipingendo scenari fuorvianti sia dal punto di vista della politica estera, che della politica interna?
Non è che sono ostile a prescindere verso i media Occidentali. Semplicemente registro ciò che essi dicono, la propaganda di cui sono artefici e di come creano degli scenari completamente non rispondenti alla realtà.
Lo faccio non sulla base non di scelte aprioristiche dettate non si sa da quale punto di vista. Ma perché ho visto sul campo, a partire dalla guerra in Libia, ma anche da molto prima e anche studiando da vicino tanti scenari.
Uno per tutti la vicenda dell’Iraq, con la famosa fialetta sbandierata da Colin Powell davanti alle telecamere dell’Assemblea ONU. Questa avrebbe dovuto dimostrare che in Iraq c’erano armi di distruzione di massa. Una colossale balla completamente, priva di fondamento e che ha determinato l’esplosione letterale del Vicino e Medio Oriente. Poi è bastata una scusa per fare rientrare tutto in cavalleria.
Ecco: i media Occidentali sono ormai diventati dei semplici passacarte della propaganda degli Stati, o di Superstati come la UE o di grandi Corporation internazionali.
Nel caso europeo lo vediamo anche con le vicende recentissime di cui siamo testimoni in prima persona.
Il complesso dei grandi media non sono altro, diciamo, che un unico conglomerato con molte facce, che sostanzialmente ripetono un’unica versione.
Una versione semplice e sconcertante allo stesso tempo, per il semplice fatto che sono interamente finanziati da entità come Stati,agglomerati come l’Unione Europea o dagli Stati Uniti, nelle loro proiezioni esterne e interne.
In altre parole essi non raccontano più un briciolo di verità ai cittadini, invertendo sistematicamente la realtà.
Io lo avevo sperimentato negli scenari di guerra in Nordafrica e Vicino e Medio Oriente, lo avevo visto all’opera e l’ho documentato in numerosi studi e vari libri che ho pubblicato a partire dai fatti, documentandolo con migliaia di note.
Un enorme parafernale mediatico costruito su vicende che avevano una natura interamente nascosta ai cittadini, di cui però tutta la popolazione europea e americana ne pagava pesantemente le conseguenze. Lo abbiamo visto con l’immigrazione interna, con attentati, con situazioni che diventavano e diventano sempre più pericolose.
Poi perché vedendolo sul campo e sulla politica estera, lo vediamo ancora meglio ora con ciò che viene gestito oggi con questa operazione viene chiamata Coronavirus.
Vediamo due cose che abbiamo sperimentato prima e che credevamo fosse legato a uno scenario di guerra estero e invece vediamo questa “infowar”, perché di questo si tratta, all’opera nel nostro contesto quotidiano da un anno a questa parte, ventiquattro ore su ventiquattro, praticamente in un unico palinsesto generale.
Quindi la mia non è un’ostilità aprioristica, ma un dato che ho verificato in prima persona sul campo, laddove si faceva la guerra e dove si vedeva plasticamente la propaganda messa in campo e oggi in una nuova guerra informativa.
“Infowar” la chiamano gli americani, che vediamo molto chiaramente all’opera qui da noi nei confronti della cittadinanza italiana in primo luogo, ma in senso più lato europea e occidentale.
La cosiddetta Guerra di Quinta Generazione..
Sì, una guerra ibrida che si muove su molti campi, su molti terreni e che appunto ha a oggetto i cittadini.
Senza neppure prefigurare scenari bellici veri e propri, per il momento, ha come effetti di costruire una realtà interamente chimerica e di cui vi sono teorici che l’hanno illustrata e descritta nei minimi dettagli.
Si pensava, in passato, che fossero degli scenari futuribili, quasi fantascientifici e invece sono la pura e semplice realtà che stiamo già vivendo tutti i giorni.
Quella che viene definita dai media come “nuova normalità”. Solo che i cittadini intossicati, ipnotizzati da dosi molto massicce di tale disinformazione, non riescono più a distinguere la propaganda, la “infowar” dalla realtà vera e propria che vedono coi propri occhi. E questo è il risultato.
Alexander Dugin parla di uno scontro tra un cosiddetto ordine unipolare (costituito da Nord America e blocco UE) e un cosiddetto ordine multipolare (costituito dal blocco Eurasiatico, guidato da Russia e Cina). Lei cosa ne pensa?
Penso che sia forse un po’ più complesso di questo scenario, nel senso che non vedo un blocco unitario tra Russia e Cina, in primo luogo. Perché vi sono anche interessi divergenti. Vedo piuttosto la Cina in questa operazione molto legata, invece, a determinati blocchi d’interessi euro-atlantici.
Vedo la Russia in una situazione assai diversa in questo scenario. Comunque la Cina non è affatto estranea a tutta una serie di manovre compiute con l’operazione Coronavirus in Europa e Stati Uniti, che ha visto la defenestrazione di Trump con largo anticipo. Trump era dato per vincente comunque, se non fosse subentrata un’anomalia come la finta pandemia. Invece entrando in scena quel colpo di scena planetario è finito come tutti abbiamo visto.
Non vedo una grande discontinuità d’interessi tra Cina, Unione Europea e il vero potere che regna negli Stati Uniti.
E per quanto ci riguarda osserviamo l’Italia come testa di ponte tra la realtà della Cina, di cui io non sono affatto un estimatore, lo dico molto chiaramente.
Anzi, in un contesto di analisi geopolitica non sono affatto filocinese e non vedo affatto nella Cina un’àncora di salvezza per l’Italia, per l’Europa e più in generale per un contesto più ampio in cui siamo inseriti.
Non ne tesso per nulla le lodi, come fanno la gran parte degli osservatori politici, vedo, piuttosto con grande preoccupazione quello che la Cina rappresenta e constato che l’Italia, attraverso uomini di paglia come Luigi Di Maio, quindi il nulla al ministero degli Esteri, gestire una politica che è molto legata agli interessi cinesi e di cui l’Italia è la testa di ponte europea.
C’è ovviamente un contesto eurasiatico, ma anche lì ci sono degli scollamenti.
Vedo, piuttosto, nei confronti della Russia uno scenario di guerra latente. È sempre stato uno degli obiettivi di quei poteri euro-atlantici, soprattutto atlantici nei confronti della Russia.
Essi vedono con panico il fatto che possa esservi una saldatura tra l’Europa, o meglio espressioni europee come la Germania, da sempre in qualche modo proiettate verso Est e il suo gigantesco e smisurato spazio asiatico, che rappresenta la Russia con tutte le sue materie prime.
Quindi una fusione tra la tecnologia e le capacità europea e le materie prime e risorse di cui dispone la Russia, cioè in prospettiva una saldatura tra queste due componenti, rappresenta davvero un grandissimo pericolo per quei poteri.
E questo, ovviamente, dal loro punto di vista è un fatto che va scongiurato in ogni maniera possibile e immaginabile.
In questo contesto è collocabile il tentativo di creare continue fibrillazioni, prima con l’Ucraina, poi su tutti i vari Paesi e i punti di faglia che esistono in quell’area, di cui anche la Siria non era certo parte estranea.
Non dimentichiamo mai che le componenti più agguerrite che operavano in Siria provenivano proprio dal sud della Russia, il Daghestan, la Cecenia, etc. etc. I capi militari provenivano quasi tutti da lì. In prospettiva, se avessero ottenuto un risultato positivo nel contesto siriano, possiamo immaginare cosa avrebbero potuto creare in Russia.
Ed è per questo che la Russia, oltre a essere un tradizionale partner storico della Siria fin dai tempi di Assad padre, ha cercato di salvaguardare e di fare in modo di salvaguardare i suoi confini.
Quindi è una politica chiaramente riconducibile a un certo tipo di potere americano, della sua parte più guerrafondaia, il cosiddetto Deep State, che cerca in tale contrapposizione militare uno dei suoi principali motivi di politica estera.
Con la Cina esiste probabilmente un patto di salvaguardia in questo senso. Ma non c’è un blocco russo-cinese già bello e pronto, se non nell’ottica distorta che impera in Occidente.
Il Covid ha esacerbato le differenze in un mondo già esasperato. Molti intellettuali prospettano un ritorno a una “lotta di classe”, nel senso di uno scontro tra alto e basso, tra le classi dirigenti e le classi subalterne. Che cosa ne pensa?
A me sembra che l’Operazione Covid sia proprio un tentativo di ridefinizione a tutto tondo degli assetti e dei poteri interni e internazionali.
Noi abbiamo assistito negli ultimi anni un’emergenza di Paesi che, in qualche modo, hanno tentato di sottrarsi alla presa, alla morsa che a livello di Unione Europea ha visto l’Inghilterra sottrarsi con il Brexit.
Ma anche tentativi interni di costituzione di blocchi identitari che contestavano quest’ordine monolitico. Abbiamo visto nascere e crescere il gruppo di Visegrád.
Abbiamo osservato anche da noi, in parte, con questa simulazione politica da parte della Lega e dei cosiddetti “sovranisti”, il tentativo di recuperare tutta una componente di piccola-media imprenditoria, il cosiddetto popolo delle Partite Iva, che è comunque la locomotiva economica dell’Italia.
Si è anche assistito a una dura contestazione dell’Unione Europea, dell’euro. Anche il Movimento Cinque Stelle è nato e cresciuto all’interno di questa narrazione contro l’euro, controla UE, contro queste spinte eurocentriche degli euroinomani.
Negli Stati Uniti abbiamo visto lo stesso meccanismo all’opera con Trump, che ha sconvolto un certo quadro politico americano e ha dato voce a queste componenti dell’America profonda, completamente distanti dal modello statalizzato, burocratizzato e assistenziale tipico delle grandi metropoli.
Dunque l’Operazione Covid, perché tale è, rappresenta una manovra d’ingegneria sociale, potremmo definirla utilizzando un termine riconducibile alla vecchia nomenklatura sovietica.
Un’ingegneria sociale che dal punto di vista medico è del tutto insussistente. Non esiste nessuna pandemia, perché i numeri non giustificano affatto termini come pandemia, che indicano tutt’altro: una mortalità su numeri e su scala vastissima e che non esiste nei fatti.
Un’emergenza sanitaria del tutto controllabile, perché non c’è nessun tipo di allarmismo così come ci viene presentato, nel nome del quale si mettono in campo delle misure che stravolgono radicalmente la vita dell’intera popolazione, ribaltando completamente la vita sotto il profilo sociale, economico e giuridico.
In altre parole è una guerra contro le classi produttive dei Paesi più avanzati, ma non solo.
Attraverso la digitalizzazione sta cambiando tutto il sistema circolatorio, come se fosse un organismo, eliminando la moneta, che diventerà digitale, introducendo lo smartworking, introducendo la didattica a distanza, la pornografia come unico rapporto “amoroso” esistente tra persone.
Insomma, digitalizzando l’intera vita e creando degli individui completamente deprivati della propria socialità.
Quest’operazione, per come la stiamo vedendo agire, in pratica, cambia completamente il panorama sociale economico, geopolitico.
Pone delle questioni di ordine gigantesco in riferimento alla libertà, all’economia, al futuro, alla demografia e a tutto ciò che in qualche modo riguarda l’Europa e più in generale l’Occidente da centinaia di anni, se non da millenni.
Un’operazione di grande respiro che va a paralizzare delle spinte centrifughe nei confronti dell’Unione Europea, come abbiamo visto sino a poco tempo.
Paradigmatica, a questo riguardo, la nuova posizione totalmente filo-Ue di M5S e Lega che avevano costruito tutta la loro fortuna sull’aperta ostilità al mostro eurocratico.
Questo, invece, ora ricentralizza tutto a livello economico. Ricombina gli Stati europei e, al proprio interno, spinge affinché vengano ripristinati dei perimetri regionali che scardinino l’assetto degli Stati tradizionali e moltiplichino l’autorità a livello centrale.
Perché da Bruxelles, e da centri di potere finanziari e burocratici europei, vengono date le direttive su tutto ciò che si può fare o non si può fare, su quello che si dovrà in futuro organizzare o meno.
È un’operazione d’ingegneria sociale a tutti gli effetti, che ha delle grandi ricadute e su cui già esiste tutta una letteratura che ne mette a nudo i reali intenti.
Purtroppo la popolazione, bombardata com’è da una mole continua di disinformazione a ogni ora del giorno e della notte ormai da più di un anno, non riesce a discernere quale sia il vero disegno complessivo.
Tuttavia esistono dei luoghi, dei centri di comunicazione alternativi che, piano piano, stanno cercando di veicolare quale sia la vera posta in gioco dell’Operazione Coronavirus.
Lei vede una via d’uscita da questo regime che ogni giorno diventa sempre più autoritario e dispotico? Non le sembra che questo sistema stia mostrando segni di cedimento, parlo di paradossi comunicativi molto palesi (ad esempio l’intera faccenda vaccini o la negazione dell’efficacia delle cure o i lockdown ormai generalmente ritenuti non solo inutili, ma addirittura dannosi)?
Certamente. Le contraddizioni sono enormi, conclamate, palesi ed evidentissime. Il problema è che, fino a oggi, c’è stata un’unica narrazione ripetuta come mai si era visto prima nella storia.
Abbiamo visto qualcosa del genere, ma in maniera attenuata, ma anch’essa molto forte, conil crollo delle Torri Gemelle nel 2001.
L’11 settembre è stato evento di portata globale che ha giustificato interventi bellici in Medio Oriente che ne hanno sconvolto completamente gli assetti, ma che era ben poca cosa in confronto a quanto vediamo oggi all’opera.
Questa narrazione è continua, incessante, ripetitiva, si appoggia proprio su tecniche di programmazione neurolinguistica avanzate e massicce.
Dall’altro lato vedo tutta una serie di realtà, di situazioni in maniera forse ancora troppo timida, che stanno cercando di smontare tutto il castello di tale narrazione chimerica.
Mi riferisco per esempio alle realtà dei NO PAURA DAY, di cui sono stato l’animatore, che gradualmente stanno espandendosi un po’ dappertutto in Italia per incrinare questa narrazione soffocante, ossessiva, monocorde di cui siamo testimoni da un anno a questa parte.
Ma non è solo una narrazione, come usa dire. Sta piuttosto incidendo sul corpo vivo delle persone, introducendo delle modalità nettamente antigiuridiche di vita sociale in nome e per conto di un Bene Supremo, di cui non si vedono assolutamente gli effetti.
Non è tanto la questione dei vaccini in sé. A parte il fatto che si deve discutere se sono vaccini o piuttosto terapie geniche sperimentali, come ripetono i veri scienziati.
Chi conosce la verità di questi medicinali sa che parliamo di qualcosa d’estremamente pericolo ma che viene fatto passare come una sorta di Santo Graal.
In altre parole vogliono imporre un modello ben preciso in cui lo Stato può entrare con un ago sotto lapelle di ciascuno e disporre del suo corpo come meglio crede.
Si sta combattendo per fermare questa deriva davanti alle Colonne d’Ercole del “non accettabile”. Passato questo argine, è chiaro che non ci sarebbe più possibilità di fermare una simile avanzata travolgente.
È il principio stesso che verrebbe attaccato e l’individuo spossessato del proprio corpo.
Quindi l’informazione alternativa al sistema che si sta producendo in maniera per ora non è così diffusa e capillare, perché assistiamo a un’offensiva potentissima sferrata contro i cittadini.
E non è un caso che sia partito proprio in certe regioni d’Italia, Lombardia in primis, quindi Veneto e poi Emilia Romagna. Poi, gradualmente dappertutto, ma nelle regioni maggiormente industrializzate ha creato davvero uno sconcerto generale, che evidentemente poggiava già su un tessuto di relazioni socialialtamente instabili.
Ora però vedo gradualmente crescere una reazione a questa marea montante. Impossibile dunque stabilire quale sarà l’esito finale, però certamente è una partita in svolgimento e di cui l’esito, per quanto le forze siano così sproporzionate, è a mio avviso per nulla scontato.
Dipende tutto da noi!