Douglas MacGregor per The American Conservative
Il 1° ottobre 1939, dopo appena tre giorni dalla caduta di Varsavia e dalla distruzione della Polonia per mano delle forze sovietiche e tedesche, Stalin convocò il Ministro degli Esteri della Turchia, Mehmet Şükrü Saracoğlu, per un incontro al Cremlino.
Per un breve periodo, dopo la 1a Guerra Mondiale, i due Stati condivisero sentimenti d’antipatia per l’Occidente. L’incontro di Stalin con il Ministro turco cambiò questa condizione.
Il patto franco-britannico-turco, chiese Stalin, era diretto contro l’Unione Sovietica?
Senza aspettare una risposta, Stalin ricordò al Ministro degli Esteri turco che la Gran Bretagna e la Francia non avevano dichiarato guerra all’Unione Sovietica, anche se russi e tedeschi la Polonia se la erano spartita insieme.
Tuttavia gli inglesi e i francesi, avvertì Stalin, potrebbero ancora farlo. In tal caso, ruggì, da che parte sarebbe stata la Turchia?
Da bullo consumato, Stalin fece anche notare, minacciosamente, che la Polonia, come la Romania, aveva troppo territorio.
Rapidamente, Saracoğlu rassicurò Stalin che la Turchia poteva annullare l’accordo con la Gran Bretagna e la Francia per evitare un’eventuale guerra con Mosca.
Una settimana dopo, tuttavia, quando all’addetto militare britannico fu chiesto cosa avrebbe fatto Ankara se gli inglesi avessero bombardato i campi petroliferi di Baku, egli riferì che la Turchia avrebbe voluto “regolare i conti con Stalin”.
Ma non lo furono mai.
Tuttavia, il rapporto iniziale del Presidente Recep Tayyip Erdogan con il Presidente russo Vladimir Putin fu accolto da molti, a Mosca, come una rottura dello storica inimicizia turca verso la Russia.
Ovviamente, Putin era in ascolto quando Erdogan disse ai suoi alleati della Nato, a Bruxelles, che “la Turchia era troppo grande e troppo influente per arrendersi a un singolo asse”.
Putin, di conseguenza, aveva minimizzato l’abbattimento turco di un aereo russo in Siria, lavorando duramente per vendere il sistema di difesa aerea russo S-400 alla Turchia.
Inoltre, quando Putin seppe dai suoi Servizi Segreti del piano per rovesciare il Presidente turco, informò immediatamente Erdogan.
Sfortunatamente per Mosca, l’intervento di Putin nella guerra civile siriana, per proteggere i cristiani e le altre minoranze religiose (compresi gli sciiti e i drusi), ha schiacciato le speranze di Erdogan di trasformare la Siria in uno stato islamico-sunnita sotto protezione turca.
Ma Putin ha comunque fatto uno sforzo notevole per aiutare Erdogan a salvare la faccia in Siria, offrendogli il controllo della Siria settentrionale.
Il risultato strategico complessivo, in ogni caso, ha trasformato una guerra locale con Ankara in una rivalità geopolitica, che assomiglia in modo inquietante alla rivalità dei secoli scorsi, quella del conflitto ottomano con la Russia zarista e l’Occidente.
Gli eventi nel Caucaso, nei Balcani e in Ucraina stanno rendendo quasi impraticabile il campo di opportunità per la cooperazione fra Mosca e Ankara.
Il successo dell’intervento di Ankara per sostenere la presa del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaigian (a spese dell’Armenia) ha peggiorato le relazioni.
L’umiliazione dell’Armenia può scuotere fortemente la determinazione degli altri alleati di Mosca.
Ancor più importante, in tutta l’Asia centrale turco-musulmana — e all’interno della Federazione Russa — millioni di Tatari turchi, che parlano la stessa lingua che si sente nelle strade di Ankara, sono entusiasti del successo delle armi turche.
Ancor peggio, l’Azerbaigian è ora apertamente un alleato della Turchia. Nonostante le promesse, sta ospitando forze militari turche sul suo territorio.
Per la Russia, il costo per stare al fianco dei cristiani armeni, nella guerra contro l’Azerbaigian, potrebbe ancora aumentare.
Il desiderio di Erdogan di tenere la Russia fuori dagli equilibri del Caucaso lo ha spinto a firmare un accordo con il Governo Ucraino, volto a implementare la cooperazione per la difesa di quel Paese.
L’abile Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha detto che incoraggiare l’aggressione ucraina alla Crimea equivarrebbe a minare l’integrità territoriale della Russia.
“Speriamo” — ha detto Lavrov — “che Ankara aggiusti la sua linea sulla base delle nostre legittime preoccupazioni”.
Ma la speranza non serve a niente in questo frangente.
Mosca si preoccupa anche perché Kiev sembra che abbia offerto ad Ankara delle garanzie segrete secondo le quali, in cambio del sostegno turco, l’Ucraina restituirà alla Turchia il controllo sui tatari musulmani della Crimea.
Grazie a Putin, Israele ha goduto di un buon rapporto con la Russia ma, sulla scia della recente crisi di Gaza, il Viceministro degli Esteri russo, Sergei Vershinin, ha insistito pubblicamente sul fatto che Israele fermi tutti gli insediamenti nei territori palestinesi.
Il Presidente Joe Biden e il Presidente russo Vladimir Putin dovrebbero incontrarsi questo mese in Svizzera.
Lo scopo annunciato dell’incontro è quello di “discutere le relazioni russo-americane, i problemi di stabilità strategica e le questioni di attualità dell’agenda internazionale”.
Prima di andare, il Presidente Biden dovrebbe prendere atto delle seguenti osservazioni e della loro importanza per Mosca e Washington.
Secondo i critici di Erdogan, la sua visione strategica è che la Turchia venga riconosciuta sulla scena mondiale come una potenza globale.
Questo significa che la Turchia deve diventare una potenza balcanica, una potenza mediterranea, una potenza mediorientale, una potenza nordafricana (e persino, con qualche limite, africana), una potenza caucasica, una potenza dell’Asia Centrale, una potenza eurasiatica e, soprattutto, una potenza musulmana.
Se Biden dovesse chiedere a Putin dove sorgerà il prossimo Califfato islamico-sunnita, questi probabilmente gli direbbe: “Signor Presidente, il Califfato è già qui. Si chiama Turchia ed è il mio incubo”.
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Link: https://www.theamericanconservative.com/articles/putins-turkish-nightmare/
Scelto e tradotto da Franco
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