Pochi ricordano che la guerra dei 6 giorni venne vinta da Israele in un modo che, (…), venne scoperto appieno soltanto anni dopo. Molti parlarono di grande vittoria “letteralmente a sorpresa” israeliana, vista la superiorità materiale e numerica del mondo arabo, ai tempi. La verità fu che gli USA fornirono segretamente l’atomica a Tel Aviv, che dunque vinse di principio. La storia però è anche più complessa e parte dalla sfida Europea agli USA, contro cui il Vecchio Continente sempre coloniale covava livore decennale: prima per aver preso in mano l’Europa spodestando i poteri storici tutti, post sconfitta di Francia e Germania alleate nel nazismo di Vichy, passando per l’Egitto di Nasser. Ovvero con l’aver tolto Suez dalle mani coloniali europee, ossia anche britanniche: al momento opportuno, non sembrò vero ai “coloniali uniti” di potersi vendicare sull’odiato Nixon, visto che “Gola Profonda” era poi un uomo del MI6, si scoprì anni dopo (De Gaulle, di primo rimbalzo, persa l’Algeria e poi l’Indocina, si era bruciato con la richiesta di conversione in oro dei dollari, …).
La vendetta degli arci-colonialisti contro gli USA si concretizzò, tirate le somme, con una fiammata inflattiva, preparata da anni (un vero piano 3D, iniziato con le scaramucce anti-Israele e finite con la quadruplicazione del prezzo del petrolio, via passaggio di testimone difensivo degli interessi USA nell’area dall’Egitto a Israele, ndr) Fiammata mai vista in Occidente fino ad allora; solo oggi ne vediamo una simile, guarda caso dopo che Trump è stato azzoppato dagli stessi che azzardarono la sfida a Nixon…
In realtà esistono davvero tante assonanze tra allora ed oggi, stante che l’Europa resta un gigantello con i piedi di argilla. Anzi, di sterco reso argilla, per come olezza ritorno delle vecchie dittature totalitariste sconfitte 75 anni fa.
Ma l’aspetto dirimente sta ad Oriente: Pechino – supportata ideologicamente e strategicamente da Berlino – oggi pensava di aver vinto contro Washington e l’odiato mondo anglo nello scacchiere globale. Ed infatti facilmente avrebbe vinto, in presenza di una regola aurea infrangibile in campo geostrategico. In realtà di regole auree non ce ne sono più, in geopolitica/geoeconomia. O forse non ce ne sono mai state.
Anche la Cina usa lo stesso trucco occidentale (soprattutto italico, oggi, vero Paese erede dell’Argentina dell’ “inflacion dibujada”): nascondere l’inflazione al consumo, qui nel gap PPI-inflazione alla produzione vs. CPI-inflazione al consumo, chiaramente una manipolazione (per sostenere il governo al potere /ma non dura, ndr)
Come le leggi economiche furono manipolate per 20 anni a favore del progetto globalista, ora vengono adattate a chi ancora comanda a livello militare. Dunque pur avendo fatto perfettamente i compiti a casa, la Cina soffre economicamente, tremendamente, anzi annaspa. Non trova clienti e pure subisce inflazione da scarsità di materie prime, da cui dipende come l’aria. E l’economia batte in testa, davvero questa volta.
Alla fine non era poi così difficile da ipotizzare: i punti di forza della Cina sono sempre gli stessi, in primis i costi di produzione bassi, ma solo della manodopera.
Se invece le materie prime salgono, tale vantaggio competitivo si trasforma in un problema visto che le genti cinesi abituate a lavorare 18 ore al giorno trasformando/producendo beni, per ritrovarsi nottetempo a non fare nulla, poi si cd. “incazzano” e vanno in Piazza, Tien An Men docet, solo per finire decapitando la cupola del PCC al comando dell’ex Impero Celeste, tutto già capitato in passato. Precisamente direi.
Xi, dunque, teme davvero le ripercussioni, da qui in avanti.
Il punto debole della Cina resta infatti, da un lato, la carenza di materie prime in loco, ossia essere schiava della loro carenza dall’estero, come prezzi e/o come flussi/disponibilità. E dall’altra, l’avere come principale cliente per i propri prodotti di fatto il mondo anglo, ovvero il loro stesso avversario attuale e passato: se si ferma tale mondo in acquisto, la Cina implode.
Precisamente quello che, sotto traccia, sta capitando.
Forse qualcuno a Berlino deve aver suggerito a Pechino che, più o meno, “per bloccare i commerci gli USA devono fare una guerra mondiale, dunque se ne prenderanno le colpe e quindi affonderanno nelle loro respnsabilità“.
Grave errore seguire i “perfetti piani tedeschi“, la storia insegna!
Infatti che i piani tedeschi non funzionino mai fino in fondo lo sanno in tanti, soprattutto chi ha combattuto contro di loro (a Berlino si ostinano a considerare le guerre come una formula matematica, ndr): vedasi oggi, si scopre che i commerci si possono fermare anche senza guerra, ad es. con il blocco chirurgico delle navi commerciali prima di entrare nei porti; oltre che nell’operatività degli scali magari dinamitata da guasti imprevisti, Stuxnet docet (…).
E con successivo blocco della supply chains, innescato ad es. dalla carenza di qualche selezionato prodotto, individuato col mirino: è così che si ferma la macchina produttiva globale! Ossia, nel caso, si ferma prima di tutto la Cina, quella con basso costo della manodopera. Con la conseguenza che si esporta inflazione in Occidente, nei paesi senza materie prime ad esempio (…).
Cina che per altro, ironia della sorte, si trova anche senza dollari, visto che è senza export. Esportazioni a cui era abituata da decenni, anche per sopperire alla sua perenne carenza di liquidità, necessaria per comprare materie prime oggi sempre più care (da qui la necessità di blackouts in loco per ridurne la domanda, come sta accadendo ora).
Ecco dunque spiegata Evergrande in crisi di liquidità…
… che fallisce, creando una montagna di insoluti pronti ad esplodere, la subprime cinese in arrivo. E poi via via il resto, per cui possiamo solo immaginare le conseguenze, vedasi oltre.
Per risolvere il problema Pechino dovrà inevitabilmente stampare yuan all’impazzata: peccato che a fare così l’inflazione esploderà ulteriormente, vista la carenza di materie prime e la “fame” dei consumatori cinesi…
Finalmente, si sa, non c’è peggior incubo di perdere quando si pensava di aver vinto, verrebbe da dire. Xi oggi questo lo sa sa bene.
Dunque, persa la battaglie economica per manifesta indisponibilità di risorse tattiche, strategiche e materiali, pur dotato di grande e buona volontà, uno Xi all’angolo – sostenuto da sempre dai militari cinesi, MAI lo si dimentichi – vedrete che ricorrerà, come da manuale, all’arma nazionalista ed ideologica, per far dimenticare le sconfitte in altri ambiti.
Ed ecco dunque arrivare la possibile invasione cinese di Taiwan…
E quindi, ecco la contromossa: la bomba atomica a Taipei concessa dagli USA, già successo in passato con Israele, per fargli vincere la guerra dei 6 giorni che gli stessi USA avevano contribuito a scatenare. O anche sub-bombe atomiche se volete, ad es. una serie di bombe di-5-8 kt di potenza, in grado – se esplose in serie – di travolgere con uno tsunami l’armata di navi pronta ad invadere l’isola del Pacifico. O qualcosa del genere. Tutto questo, si noti bene, senza fallout radioattivo, se non per qualche forma di radioattività metallica che dura giusto qualche settimana, come da ultime trovate militari, geniale direi. Forse così si scopre a cosa servivano i test delle bombe marine fatte esplodere davanti a Baltimora quest’anno….
Anche perchè in tale contesto gli USA, che restano il primo produttore di petrolio mondiale come ai tempi di Nixon, ne escono da vincitori: vedono infatti corrispondere a maggiore inflazione, maggiori entrate dalle proprie materie prime, di cui sono ricchissimi, da mettere a reddito o come export a prezzi da collezionista. O come vantaggio competitivo derivante dall’avere risorse a prezzi inferiori ai prezzi di mercato.
Spiazzando la Cina e facendo onshoring. Tutto chiaro spero….
Qualcuno mi dirà: “si, ma così si rischia la guerra mondiale…“
Non direi.
A parte che Taiwan ha comunque già vinto, basta stare in difesa ed aspettare di essere attaccata dall’armata cinese, che alla fine dei conti deve comunque arrivare per mare, “boots on the ground“. Ossia dopo il primo attacco aereo cinese, certo, sarebbe sdoganata la difesa di Taipei “costi quel che costi“, anche nucleare. Ed una bomba in mare ribalterebbe la flotta cinese necessaria per l’invasione (ovvero, se gli USA continueranno a presidiare Taiwan, anche come export di semiconduttori, la Cina di Xi militarmente ha già perso su Formosa)
In tale contesto l’Europa, con le pezze al deretano dato da un continente al collasso economico post COVID, secondo voi si farebbe coinvolgere in uno scontro tra titani? O se ne guarderebbe bene dal partecipare in uno scenario di guerra calda a 10’000 km di distanza?
Piuttosto, vedo un inferno sociale e economico in loco anche causato dall’inflazione indotta in EU da merci cinesi che non arrivano più, fatto che porterà alla fine dell’euro per via inflattiva, questo sì. E forse con qualche tentativo francese in zona Cesarini di attentare ai confini Italiani, come sempre, ma anche su questo piano mi dicono che si sta lavorando per evitarlo, speriamo.
So che così dicendo farò arrabbiare i filo tedeschi/francesi, che troppe speranze avevano riposto nella spartizione peninsulare, ma tant’è: nessuno nella mia famiglia ha mai amato l’Europa che da secoli attenta all’Area italofona, a cui appartengo.
MD
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