Abbiamo intervistato R.D. detto Yamas. Vi prego di leggere attentamente le sue parole che ci possono aiutare a comprendere scenari che sono ancora oscuri per i più.
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Presentati al nostro pubblico. Chi sei e che cosa fai?
“Sono R.D. alias Yamas, acronimo dell’ebraico, Yehida Mishtartit Mistaravim, un gruppo di unità antiterrorismo sotto copertura della Guardia di frontiera israeliana (la Magav), ramo speciale della polizia israeliana. A differenza delle tradizionali operazioni sotto copertura orientate alla raccolta di prove, le operazioni dello YAMAS comportano in genere raid mordi e fuggi mirati all’arresto e/o neutralizzazione dei terroristi. Tra me è l’unità non vi è nessun legame se non quello dell’attaccamento al dovere. Per 30 anni ho lavorato nelle Forze di Polizia italiane. Ero in un gruppo speciale impegnato nella lotta contro il terrorismo di matrice islamista”.
Qual è la situazione in Italia rispetto a questo tipo di fenomeno?
“E’ una situazione complessa che però si può riassumere per sommi capi, così: abbiamo da sempre accolto chiunque, e solo dopo molti anni ci siamo posti il problema di capire chi fossero, quale situazione avessero e che tipo di cultura palesassero. Perché ho detto che la situazione è complessa? Perché poi, una volta entrate, queste persone sono risultate difficili da controllare. Già nel lontano 99 a Bologna in Via Saliceto c’era una cellula operante di Al Qaeda, che lavorava in sinergia con i miliziani in Bosnia durante quel conflitto. Prendiamo ad esempio Essid Samid Ben Khemais, ben noto alle cronache. Nessuno ha capito che quel tunisino progettava attacchi biologici ed era legato a un gruppo combattente. Nessuno ha capito l’importanza di quel segnale. Di quale segnale parlo? Lo dirò schiettamente: loro erano già tra noi non accettano nessun tipo di integrazione e profetizzando la distruzione o la conquista dell’Occidente”.
Perché avviene questo? La politica..
“La dimensione del problema deriva proprio degli atti irresponsabili della politica. Noi dobbiamo conoscere chi viene: il coopto, il tunisino, il nigeriano.. invece c’è molta approssimazione”.
Quando è iniziato tutto questo? Intendo questi problemi di immigrazione incontrollata dai Paesi arabi?
“Ricordi le primavere arabe? Ecco, prima di queste c’erano dei dittatori che tenevano sotto scacco le loro popolazioni pur in un sistema sociale di relativa tranquillità. Poi noi europei abbiamo lavorato per destabilizzare tutto. Intendo la Tunisia, la Libia, l’Egitto. Ho visto con i miei occhi il crollo del mondo arabo. Lo so perché l’ho vissuto. In Italia tutto questo non si dice. Mi sembra che ci siano un po’ di problemi in Italia e..Sì ci sono dei problemi. Ripeto: abbiamo fatto entrare persone che non conoscevamo e che non ci interessava conoscere se non per lo sfruttamento della loro manovalanza”.
Perché?
“All’inizio per ignoranza. Poi imparammo a conoscere il fenomeno. Nonostante questo, l’Italia era ed è un obiettivo. Il Califfato Ommayyade è nato e si è espanso da oriente a occidente. Si estendeva dalla Siria all’Andalusia. Al Qaeda intende ripercorrere quell’itinerario. Il Vaticano e Roma, sono solo il sigillo, l’ultimo obiettivo. L’Italia e più in particolare Roma sono l’obiettivo finale. Tornando a noi. La trattativa Stato-Islam in vece del famoso “Lodo Moro” praticamente dava la possibilità a questi nuclei di fare quello che volevano, a patto di non compiere attentati sul nostro territorio. Quando avviene qualcosa, questo è tenuto nascosto: ad esempio l’attentato di Rimini compiuto dal somalo ai danni di adulti e anche di un bambino al grido di Allah Akbar”.
Perché in Italia sono così permissivi?
“Ti faccio un esempio. Durante gli scontri a Roma in piazza S.Giovanni nel 2011, gli agenti antiterrorismo erano impegnati a esflitrare determinati teppisti per l’arresto.C’è un supermercato in via Cavour. Una squadra di sette elementi ha visto che stavano massacrando il personale di questo supermercato. Volevano intervenire, ma i funzionari di polizia hanno imposto di stare fermi. In via del Corso, l’anno successivo, ci fu un’aggressione a un finanziere picchiato da diciotto persone e agli agenti presenti fu impedito ogni intervento.Per non parlare del rave party che si è tenuto all’inizio di novembre vicino Torino. Le Forze dell’Ordine erano impegnate al G20. Quindi al rave party c’erano solo quindici agenti delle Forze dell’Ordine. Hai capito bene: quindici agenti per arginare un rave party”.
Come mai c’è questa ipocrisia e questa omertà?
“Ti faccio una domanda: chi ha contribuito a formare l’Hagana, oggi Tsahal, l’esercito israeliano? Erano tutti componenti dell’ex esercito italiano, sia della RSI che dell’esercito del Sud. Tutti di origini ebraiche.
Poi venne la guerra dello Yom Kippur, dove l’esercito israeliano rischiò una sonora sconfitta, da lì Israele riformò i ranghi in una versione più “aggressiva” anche sotto il profilo della sicurezza interna.
In Israele non c’è la sindrome del “poverino” quindi, all’occorrenza, il nemico si neutralizza preventivamente per evitare danni alla popolazione civile.
Il giungere indiscriminato di clandestini senza serie politiche preventive, non fa altro che mettere a rischio la nostra incolumità.
Anche qualche artista italiano impegnato in Africa da anni, non certo schierato con la destra politica anche se viene da quella sponda politica che predica l’inclusione e l’accoglienza, disse rivolgendosi agli italiani che chi partiva alla volta dell’Italia, lo faceva perché aveva grosse possibilità economiche, ma non moriva certo di stenti. Ma ritorniamo, per concludere, al punto di partenza: stiamo facendo entrare persone di cui non conosciamo nulla, scambiamo gli Imam per i Mufti e vi assicuro che non va bene così. Il problema fondamentale è che in Italia c’è una mentalità distorta, un buonismo diffuso e, a dire il vero, privo di ogni senso”.
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l’Alessandrino