Sorto nell’ambito di una cultura, quella greca, germinata intorno
ad un concetto apparentemente negativo, quello di “limes”, il caos
ne rappresenta il polo antitetico e la negazione di ciò che è
disposto secondo il signum dell’ordine divino geometricamente
rappresentato dalla sezione aurea.
Se il mondo greco avesse conosciuto il concetto cristiano di
“male”, il chaos ne sarebbe stata plastica figurazione.
Il “limes” e la sua naturale conseguenza sul piano cosmogonico, il
“cosmos”, sono ciò che caratterizza un sentire definito contrapposto alla dismisura e a “ylé” (la materia nel suo stato
aurorale e indeterminato).
Chi viola il “limes” turbando l’armonia del “cosmos”, si rende
colpevole di “hybris”. Ma l’Artefice non lascerà impunita la sua
tracotanza.
E se, come si tramanda, sul frontone dell’Accademia campeggiava
il motto “non entri qui chi non è geometra” è perché, come già per
i pitagorici, il numero è la “cifra” che governa e decritta l’armonia
del mondo.
E’ dallo stupore dello spectator per l’armonia celeste, per il
seguirsi delle stagioni … per tutto ciò che cade sotto i sensi
dell’uomo vivo, che sgorga il cosmos, intuizione sublime dello
spirito.
Come osservato da Suger de Saint Denis … “mens hebes ad verum
per materialia surgit” … la mente torpida coglie la verità
attraverso le cose materiali.
L’uomo che osserva, non crea il mondo se non raccogliendone in
sé l’immagine spirituale come cosmos, … insieme ordinato mosso
dal divino orologiaio.
L’accordo armonico e la stessa musica traggono origine da
questa intuizione. Apollo reca tra le sue mani la lira …
Ma tutto questo vale per l’Uomo che guarda la volta celeste senza
l’ausilio di strumenti ottici. Che vaga, libero, seguendo le greggi.
Che vive la festa come consacrazione e proiezione di aspetti della
vita materiale, su un piano che la trascende.
Presto, ad un guardare che era ammirare e intuire, ad un
guardare che era rendimento di grazia, subentrò un guardare che
era “misurare”, poi calcolare, non esente da malizia.
— Perché il bello e l’armonia alimentano lo spirito, ma ciò che è
utile accresce il potere dell’uomo.
Fu così che lo spectator venne relegato nella periferia del mondo
e al centro, al suo posto, s’insediò con prepotenza l’homo faber”.
Ma chi era costui? Era il “fabbro” per antonomasia. Era Tubalcain,
stirpe cainita e padre spirituale della setta che del motto
ispiratore di queste “fanfole” vergate in una notte insonne, ha
fatto il proprio programma.
L’entropia “raffredda” il mondo. Esempio plastico di una legge
fisica che descrive, analogicamente, ciò che Esiodo esprimeva
come ineluttabile caduta dalla natura (aurea) della prima età ad
una senescente età oscura.
E, tuttavia, la filigrana della quale, per chi sa vedere, è intessuta la
storia dell’uomo, ci racconta di una stirpe umana febbrilmente
occupata ad accelerare questo inevitabile esito.
Forse una stirpe di puri distruttori …?
Nossignore!
In realtà, l’adepto di Tubalcain è, in cuor suo, un distruttore … ma
è al contempo il compagno di Hiram, il Grande Architetto.
Perché se il mondo visto con gli occhi di Spectator, è Tempio di
Dio, il Tempio ricostruito da Hiram è tempio … dell’uomo.
Di quale uomo? … ma questa, come diceva Kipling, è un’altra
storia.
Spectator
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