Comunicare significa vivere. Un corpo che si chiude, che si isola è un corpo destinato a morire, a deperire e a venire aggredito.
Solo uno sforzo comune potrà federare le varie realtà che ci sono nelle diverse regioni e portare a una sincronicità di atteggiamenti. Anche perché se si deve comunicare bisogna farlo come se si fosse un unico grande corpo, che parla una sola lingua, pur rispettando le varie anime che coabitano questo spazio volutamente neutro che è Via Italia.
Neutro perché VIA ITALIA non ha nessun punto di vista sul mondo, nessun obiettivo se non quello che viene espresso dai suoi componenti. La sintesi di tutti i punti di vista determinerà la destinazione di questo formato di comunicazione.
- Pur essendo una battaglia che accomuna molti, per entrare a farne parte ci sono dei requisiti. Sono dei requisiti di buon senso.
- Non si deve entrare in questo gruppo con la convinzione di essere meglio degli altri e di poter credere di imporre la propria linea di pensiero.
- Non si deve entrare se si fa parte di qualche partito o se si vuole accedere a questo gruppo al fine di dargli una direzione politica.
- Si deve essere disposti ad ascoltare attivamente il prossimo, nel massimo rispetto della sua identità e della sua dignità.
- Il disaccordo è fonte di ricchezza e non di divisione. Diversi punti di vista si possono tranquillamente integrare attraverso il dialogo all’interno del contenitore di VIA ITALIA.
Ieri si è fatto il primo incontro di VIA ITALIA. Circa venti persone erano presenti, che rappresentavano sette regioni italiane. Ognuna di queste venti persone portava con sé l’esperienza e la conoscenza del suo gruppo o della sua comunità di appartenenza.
L’incontro è stato molto semplice, ma molto intenso e significativo. Ognuno dei rappresentanti si è brevemente introdotto e ha parlato di ciò che sta facendo sul territorio. Ognuno ha espresso chiaramente la volontà di essere in contatto con realtà diverse dalla sua, extraregionali.
Questo connubio di menti è un movimento straordinario che investe tutti i settori della società. Non importa se siamo per ora una minoranza. Le maggioranze non hanno mai fatto nulla, se non obbedire.
Sono le minoranze che attraverso il proprio coraggio fomentano quel cambiamento necessario e che riportano l’ago della storia di nuovo in equilibrio.
La connessione tra individui corre a una velocità tremenda e con una rapidità scioccante avvengono cose che prima di questa situazione avrebbero richiesto mesi, se non anni.
Lo scempio ha dato vita a un sottobosco di esseri umani che forse già sospettavano o addirittura sapevano che qualcosa non andava in seno alla società in cui vivevano e tuttora vivono. Questo sottobosco (che esiste anche da prima del 2020) ora sta acquisendo una coscienza e sta gradualmente muovendosi verso un punto di incontro.
Un interesse eccezionale si sta generando attorno a questo nuovo format, Via Italia, che rappresenta un’estensione di NUOVA VIA EMILIA da parte dei gruppi e le comunità sorte in questo periodo caotico e turbolento. Queste si stanno affacciando a VIA ITALIA con curiosità e desiderio, un’emozione scivola lungo le schiene dei pionieri che fanno parte di questo contenitore embrionale o che ne sentono parlare, che ha in sé i germi del futuro.
Abituati come siamo alla spettacolarizzazione di ogni cosa, la società del click facile e della convenienza ancora non riesce a capire le vere dinamiche della storia. Queste non avvengono dal giorno alla notte. Anche i libri di storia non ci aiutano. Si studia l’evento, ma mai le circostanze che portarono a tale evento. Quindi sembra che i fatti storici prominenti siano sbucati dal nulla, che i popoli si siano ribellati dal giogo dei potenti al primo sgarro subito.. non è così. Internet e la rete (che sia benedetta se usata correttamente) ha modificato la nostra percezione del tempo. Abbiamo perso la pazienza. Abbiamo perso la buona volontà di costruire mattone dopo mattone.
Nella società digitale dei costumi, prima diventi un grande cantante, poi cominci a cantare.
Dobbiamo riappropriarci del tempo della storia, un tempo scorrente, che senza la fretta della convenienza e dell’utilità riporta l’equilibrio nella vicenda umana, anche a costi altissimi. Ma noi siamo strumenti di quel fluire che definiamo storia. Deve esserci chiaro che noi dobbiamo lavorare per l’umanità e non il contrario.
La storia è una visione onirica. Se impariamo a leggerne i segni e i simboli, il cui percorso è ricoperto, comprenderemo molto di noi stessi e di chi siamo e perché sta accadendo questo e perché proprio a noi.
Perché l’occidentale medio crede fermamente che il male non esista, o che se esiste, si esprimerà sicuramente fuori da casa sua, in un altro contesto, probabilmente in Africa o da qualche altra parte. La giustificazione assurda del “siamo nel 2022, mica nel Medioevo” rappresenta il culmine di un’ignoranza non solo storica, ma anche un’incomprensione della natura umana.
Non ci sono date o periodi storici che possono contenere l’orrore che l’essere umano può commettere, non ci sono società migliori di altre che possono proteggere i propri componenti da eventi infausti e disastrosi.
Noi che siamo attivi sul territorio e lavoriamo assiduamente per generare contatti e reti dobbiamo essere totalmente consapevoli di questo. Dobbiamo diventare i guardiani della società. Nessuno verrà a consegnarci il distintivo. Noi stessi ci siamo eletti a protettori della civiltà nel momento non solo in cui abbiamo capito quanto stava accadendo, ma nel momento in cui siamo scesi in campo e ci siamo esposti.
Se qualcosa di enorme ci travolgerà, sapremo di avere al nostro fianco non solo un collaboratore, ma anche un amico, una persona di cui fidarci, che a sua volta potrà fidarsi di noi.
Sappiamo in cuor nostro di avere un ruolo importante in questa storia. Sappiamo che quello che stiamo facendo è importante. Non lo facciamo perché ci sentiamo soli o disperati. Lo facciamo perché è una missione, un’urgenza, una voce che chiama dal profondo dei nostri cuori. Non sappiamo perché questa voce ci abbia chiamato, non sappiamo perché ci ritroviamo insieme con una facilità sbalorditiva a pensare gli stessi pensieri e a parlare la stessa lingua. Ma accade. E dobbiamo rispondere a questa chiamata, qualunque cosa succeda.
Io so che siamo pronti.. andiamo avanti..
l’Alessandrino
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