L’altra sera ero ad un incontro con amici, dove abbiamo visto un documentario d’inchiesta, di quelli che alla TV non passano mai, forse solo su qualche televisione straniera alle due del mattino, con i sottotitoli in fiammingo.
Ma passiamo oltre, vi propongo una breve commedia del paradosso, rivista all’italiana, dove è noto che siamo maestri nell’arte teatrale.
INVESTITORE:
Buongiorno, avrei cinquantamila euro frutto dei risparmi di una vita di lavoro e della mia famiglia, vorrei investirli cercando di massimizzare il rendimento e minimizzare i rischi.
E’ un bravo ragazzo questo investitore, in fondo ha lavorato sodo, cosa c’è di male a fare rendere un po’ il suo gruzzolo?
Infatti sembra un azione normale, ed è legittima, ma a pensarci bene è spinta dall’avidità.
BANCHIERE:
Abbiamo dei fondi specializzati, alcuni senza commissioni, la cosa migliore è differenziare negli investimenti per diminuire il rischio.
Questi fondi fanno proprio quello, anche la nostra banca investe in questi strumenti.
Ed intanto mostra al cliente un prospetto di fondi nel portafoglio della banca stessa dove si entra con zero commissioni.
Poi se le posso dare un consiglio, non investirei in un solo fondo, ma piuttosto in una rosa di fondi, diminuendo ancora il rischio, comunque presente, anche se basso, di eventuali perdite.
Una normale mattinata in banca, come tante, si disegna un portafoglio, si fanno i documenti, poi ci si prende un bel caffè insieme.
Successivamente, dopo i saluti si potrà monitorizzare l’investimento con un APP, ed eventualmente modificarlo e chiedere consigli al consulente finanziario, che non è pagato dal cliente, ma dalla banca, strano vero?
Alle volte è sorprendente il paradosso, come posso pensare che gli interessi fra le parti possano essere sempre gli stessi, ma tant’è.
Non voglio demonizzare le banche, e nemmeno gli strumenti finanziari, è tutto a norma di legge, è che la società è semplicemente così.
Ma dentro ai fondi cosa c’è?
Di tutto, il mandato è massimizzare il profitto, altrimenti il cliente con un colpo di APP sposta i soldi da un concorrente in pochi secondi.
Dentro un fondo ci puoi trovare aziende che fanno armi ne hanno tutti i diritti, insieme ad aziende che costruiscono turbine eoliche.
Aziende che estraggono petrolio o altri minerali, ci mancherebbe è un loro diritto sacrosanto, di fianco ad aziende che fanno cibo.
Aziende agricole di tabacco insieme a quelle per le telecomunicazioni, o altre che fanno alcool insieme a quelle dei semiconduttori.
Nei fondi ci trovi titoli di stato, americani magari, insieme a quelli russi magari, chissà pure quelli italiani o francesi o giapponesi.
Ed il gestore del fondo per far bene il proprio lavoro e massimizzare il profitto compra e vende con la stessa velocità con cui un caleidoscopio cambia le immagini ed i colori.
Tutto normale no? Certo diremmo noi! Ci sono anche organi di controllo ed è tutto verificato.
In fondo stiamo solo servendo un cliente e cerchiamo di farlo al meglio, altrimenti il cliente ha il diritto di andare da un altro, è sua inalienabile libertà, in un mondo democratico.
E già!!! E’ la democrazia ciò che vogliamo, sono i valori dell’occidente libero e democratico.
Peccato che l’avidità si diffonde come un lubrificante in tutti questi ingranaggi di compra-vendita, di scatole cinesi senza fine, da far impallidire la sequenza delle Matriosche russe.
L’avidità tutto permea entrando ed uscendo in continuazione da quelle luccicanti porte girevoli messe sul soglio dei moderni templi dell’investimento finanziario.
Di certo l’azienda di armi non ci fa caso alle conseguenze sull’uso dei suoi dispositivi, qualcuno li compra perché servono e in fondo servono dei clienti, al meglio che possono.
Chi manifattura tabacco non può pensare anche alle conseguenze, è antitetico alla missione aziendale è ovvio, ed hanno ragione.
Chi estrae petrolio (che serve per carità) lo fa cercando di massimizzare l’efficienza, si sa che ci sono danni collaterali, però se si rende di meno degli altri, i fondi venderanno le quote mettendoci in difficoltà.
E via così, passando anche per i titoli di stato, che perderanno di prezzo se una nazione indebitata oltre misura deve fare fronte ad altre spese, tipo quelle sanitarie aumentate per cattive abitudini alimentari, che servono a sostenere i consumi di aziende quotate e presenti nei fondi.
O ancor peggio se lo stato deve sostenere spese sociali dovute ad un aumentata efficienza dei costi del prodotto che hanno ridotto il numero di impiegati.
Il fine era quello di vendere meglio il prodotto, ma il risultato è diventato quello di avere meno domanda del prodotto.
Lo strumento finanziario questo fa, vende e compra massimizzando il rendimento, sono tutti dentro pubblico e privato, a vario titolo.
Siccome lo stato non può fare spesa a causa del troppo debito, si tagliano i servizi al cittadino, lo stesso che prima entrava nella porta dei paradossi chiedendo più rendimento, e adesso uscendo con mezzo punto percentuale in più, si trova con sanità e scuola ridotta, con trasporti peggiori e tasse più alte, insieme a molto altro che manco riusciva ad immaginare.
Ho voluto semplificare la cosa, che in realtà è più complessa, uno stato se dispone di politiche monetarie e fiscali e di una propria banca, nei limiti della capacità del proprio popolo e della ricchezza naturale del suo paese, può fare fronte a tutto questo.
Così come lo strumento finaziario, se non soggetto ad avidità ed estrazione di rendimento, può aiutare efficacemente un settore o un impresa.
Ma torniamo alla commedia del paradosso:
Per uscire da questo labirinto il percorso è spirituale innanzitutto, siamo vittime dell’avidità, la stessa che pretendiamo davanti al consulente finanziario, la stessa che ci viene irrogata dal mercato quando perdiamo, la stessa a cui siamo sottoposti quando il decisore politico ci impone una riduzione di un servizio o una nuova tassa.
Il peccato è l’avidità, insieme motore d’azione e bastone punitivo.
Il gioco è vincente solo per quei pochi che hanno ben chiaro questo e riescono ad evitare “scientificamente” il bastone.
Tutti inganni morali, certamente non legali, a cui siamo sottoposti si basano sull’avidità.
Gandhi diceva di essere noi stessi il cambiamento che desideriamo, ebbene è il momento di desiderare che i soldi messi in banca abbiano il solo scopo di essere protetti dai borseggiatori.
Desiderare che i risparmi servano per coprire eventuali incidenti nel percorso della vita, o per togliersi qualche soddisfazione.
Le aziende hanno già tante problematiche da affrontare se vogliono fare la loro missione onestamente, le leggi della natura sono già una bella sfida da mantenere in equilibrio, non gli serve di certo un CEO di un fondo che telefona annunciando la svendita massiccia se non si conduce una certa politica.
Desiderare che i servizi bancari vadano pagati perché anche il banchiere mangia, ma non gli deve essere permesso di speculare con soldi altrui.
Desiderare che gli stati facciano spesa pubblica armonica misurata alle capacità del proprio popolo, ma non a debito, a credito coma si è fatto ogni tanto sulla terra, prima che qualcuno immancabilmente perdesse la vita.
Ecco il paradosso che viviamo ogni giorno, un paradosso che porta a guerre, che porta povertà diffusa, che allarga la forbice sociale disegnando una massa sempre più vasta di poveri ed un elitè sempre più ristretta, insieme “all’archiviazione” della cosiddetta classe media e con lei della tanto desiderata democrazia.
Forse da questo nasce anche la malsana idea che la massa (di poveri?) va ridotta. L’hanno scritto sulla pietre guida a questo LINK
Un paradosso che tutto piega e toglie la capacità all’intera umanità, finanche di proseguire sulla strada della “virtute et conoscenza”
Il nostro compito è salire i gradini necessari per confinare l’avidità dentro ad un vaso “mitologico” dal quale pochi addetti con somma sapienza ne distribuiscano raramente e col contagocce.
Vincere i nostri peccati non significa abolirli, ma saperci vivere insieme, in equilibrio, riducendo il loro potere malefico.
Questo è il mio augurio di Pasqua, una rinascita interiore spirituale.
Concludo con il ringraziamento e gli auguri ad un amico, Giorgio Cattaneo, anche lui blogger e noto a questa redazione, che ha deciso qualche settimana fa di scrivere le sue ultime righe, in un articolo di rara bellezza e sintesi, lo potete leggere a questo LINK.
Buona Pasqua a tutti
R. Z.
Foto di Kampus Production da Pexels