Redazione: Il mondo sovranista britannico, ed in particolare il Telegraph, appoggia da sempre il sovranismo italiano ed in particolare Matteo Salvini e la Lega.
L’articolo che presentiamo si concentra sull’Italexit come conseguenza di un terremoto valutario — come il celebre “Mercoledì Nero” che distrusse lo Sme — e non di una decisione del Governo Italiano.
In questo senso i mini-bot, che tanto abbiamo criticato, vengono interpretati dall’autore più che altro come “valuta in attesa”, ovvero l’embrione della “nuova lira”.
Le posizioni del Governo Italiano, più o meno libere, passano in secondo ordine.
Non più così importanti perché soggette ad una forza più grande, quella del mercato che spazza via tutto — o quella della Bce che veste i panni di un novello Soros.
Cos’altro aggiungere in attesa delle “caramelle” di cui forse si accontenterà la Commissione Europea? Prendiamo atto asetticamente delle opinioni del Telegraph e restiamo in attesa.
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Roger Bootle, Presidente di Capital Economics, per The Telegraph
Uno degli argomenti in discussione, nella riunione di questa settimana del Consiglio Europeo, sarà sicuramente la situazione italiana.
Le recenti Elezioni Europee hanno portato una grande vittoria a Matteo Salvini, leader della Lega, uno dei due partner della Coalizione di Governo.
Indubbiamente incoraggiato da questo risultato, egli ha chiesto dei tagli alle tasse che, fossero attuati, porterebbero l’Italia a violare i limiti di indebitamento dell’UE.
Presumo che la Commissione Europea stia valutando se debba avviare una procedura disciplinare contro l’Italia, che potrebbe finire con l’imposizione di importanti sanzioni.
I mercati sembrano abbastanza rilassati riguardo la situazione italiana. Ma che nessuno ne tragga conforto, perché sono di norma focalizzati sul futuro immediato.
Nonostante le minacce di guerra, il Governo Italiano non vorrà una resa dei conti con la Commissione Europea. E questa si accontenterà probabilmente di qualche caramella. Sicuramente cercherà di evitare una multa per l’Italia.
Eppure le finanze pubbliche italiane sono in un pasticcio spaventoso. Il rapporto tra debito pubblico e Pil è ora al 132%. Si ritiene di norma che la “zona pericolo” cominci a quota 90%.
Anche così, escludendo il pagamento degli interessi, il Governo gestisce un surplus di bilancio. Lo ha fatto, in effetti, per 25 degli ultimi 27 anni.
L’Italia non dovrebbe essere costretta a spremere ancora di più il suo bilancio. Il problema fiscale deriva dalla combinazione del pesante debito contratto in passato con una crescita economica molto lenta.
Una dose decente di crescita economica farebbe miracoli. Ma è difficile che in Italia possa aver luogo, figurarsi in modo consistente. L’onere del debito, quindi, potrebbe aumentare.
Fatto ancor più importante la disoccupazione è al 10%, anche se è diminuita del 3% dalla fine del 2014. Quella giovanile, invece, supera drammaticamente il 30%. Da quando l’euro ha preso il via, nel 1999, l’economia e gli standard di vita italiani sono rimasti stagnanti.
Qual è la via d’uscita? I tagli fiscali proposti da Salvini potrebbero aiutare un po’, anche se da soli è improbabile che possano raggiungere un risultato importante.
Quello di cui l’Italia ha bisogno, sul lungo termine, è di una riforma radicale sia dell’economia che del sistema politico. Ma a breve termine ha bisogno essenzialmente di più domanda aggregata.
Ma, se la sclerotica economia italiana non è riuscita a crescere anche quando quella dei suoi principali partner commerciali stava invece crescendo, cosa succederà se dovesse esserci un grave rallentamento economico, come quello che sembra essere in arrivo?
La risposta è che l’Italia cadrà in recessione e la disoccupazione comincerà a salire. È difficile pensare che il popolo italiano o i suoi leader politici possano accettare un risultato così umiliante.
Se non fosse un membro dell’eurozona, il percorso dell’Italia sarebbe quello di un deprezzamento del suo tasso di cambio, combinato ad una politica fiscale e monetaria più stimolante. E’ questa la politica di cui nessuno osa pronunciare il nome.
Dall’essere originariamente uno strenuo sostenitore del progetto europeo, il popolo italiano si è ora nettamente distaccato dall’UE.
Anche così, la maggioranza degli italiani continua a non voler lasciare l’euro. E’ questa la grande barriera politica che impedisce a qualsiasi Governo Italiano di portare il paese fuori dall’eurozona.
Questo atteggiamento nei confronti dell’euro non è sorprendente. Se si fosse fatto un sondaggio in Gran Bretagna prima che il paese lasciasse il Gold Standard, nel 1931, sono certo che la maggioranza sarebbe stata per continuare a rimanerci, anche se fu la causa di tremende difficoltà economiche.
Allo stesso modo, se qualcuno avesse fatto un sondaggio fra gli elettori britannici sull’appartenenza al “Meccanismo dei Tassi di Cambio Europei” [lo SME] prima che venissimo espulsi a forza il 16 settembre 1992 — giorno che viene ricordato come il “Mercoledì Nero” — la maggioranza avrebbe preferito restarci.
Le persone tendono a non gradire cambiamenti molto radicali. Di conseguenza c’è bisogno che si verifichi una sorta di grande shock, senza che le persone abbiano possibilità scelta.
Nel caso italiano la via più promettente è l’introduzione di una valuta parallela, come ad esempio i cosiddetti “mini-bot”, per come sono stati pubblicizzati.
Questi mini-bot sono obbligazioni perpetue a tasso zero. Sembrano banconote e potrebbero anche servire come soldi contanti.
Se Bruxelles consentisse all’Italia, anche in modo segreto, d’introdurre tali “obbligazioni”, queste potrebbero finanziare un aumento della spesa pubblica e/o una riduzione delle imposte.
Ma se la BCE dovesse reagire tagliando, o anche solo limitando, il supporto al sistema bancario italiano, allora l’Italia sarebbe pronta a rispondere con la sua nuova “moneta in attesa”.
A tutti gli effetti l’Italia sarebbe quindi fuori dall’euro. Questo risultato potrebbe essere presentato come un effetto non delle scelte del Governo Italiano, ma della Banca Centrale Europea.
Potrebbe diventare il “Mercoledì Nero” italiano, con il Presidente della BCE nel ruolo di George Soros.
In poco tempo il “Mercoledì Nero” diventerebbe il “Mercoledì d’Oro”, esattamente quello che successe all’economia britannica. Tutto questo potrebbe accadere anche in Italia.
Ma c’è un grosso rischio politico. Nel settembre del 1992 il Partito Conservatore distrusse la sua reputazione e, dopo aver perso le successive Elezioni Generali, restò senza energia per i successivi 13 anni.
Il Sig. Salvini e la Lega, per evitare un simile destino, avrebbero bisogno della massima abilità politica ed anche di un po’ di fortuna.
Comunque, che nessuno si aspetti un simile evento per i prossimi mesi, figurarsi per questa settimana. La politica non ha ancora raggiunto il punto di ebollizione.
Ma, a meno che l’economia non produca una crescita decente, dobbiamo aspettarci che un qualcosa del genere possa un giorno accadere. Credo sia solo una questione di tempo.
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Link Originale: https://www.telegraph.co.uk/business/2019/06/16/matter-time-italys-black-wednesday-moment/
Scelto e tradotto da Franco