Si è concretizzata finalmente l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta, proprio ieri la notizia. I numeri li avevamo dati in passato: nonostante la propaganda mediatica interessata è fattuale che l’Italia abbia visto quasi triplicare il proprio deficit commerciale con la Cina in 4 anni, da meno di 20 mld USD a circa 47.
Vedasi sotto per i riferimenti.
E questo in un contesto in cui:
– Pechino di fatto tende a produrre manufatti molto simili a quelli italiani, vedasi tessile o la semplice passata di pomodoro ormai largamente Made in China, spiazzando i prodotti ossia le industrie locali;
– nel contempo i consumi interni italiani sono stati compressi, onda lunga dell’effetto Monti; ossia epilogo voluto ed anzi cercato dall’EU fin dal 2011, visto che Bruxelles ha bisogno che la zona euro in aggregato abbia dollari sufficienti a pagare le bollette delle materia prime che le mancano, altrimenti brucia cassa e deve far rientrare capitali per tenere i conti in equilibrio;
– parimenti gli investimenti italiani sono ridotti causa debolezza delle imprese italiche indotta da una tassazione folle imposta dai parametri EU, con un prelievo fiscale inusitato atto a mantenere l’Italia nell’euro, sebbene non se lo possa permettere (il PNRR non crea filiere italiche, ma supporta solo quelle estere, vedasi ad esempio gli idrogenizzatori per auto elettriche e la transizione ecologica in generale, che alimentano filiere altrui in EU, così vuole Bruxelles a nome di Parigi e Berlino);
– la stessa folle tassazione di cui sopra viene poi scaricata sui dipendenti sotto forma di deflazione salariale, ossia oggi le imprese in Italia devono i loro misurati guadagni a stipendi reali sempre più bassi, non aggiornati all’inflazione, impoverendo sempre di più la popolazione;
– il che comporta povertà diffusa e minori consumi prospettici e così via, ormai si è all’implosione, un cane che si morde la coda, mentre a Roma si fa comunque festa (…).
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Sostanzialmente la stima sul PIL data in premessa, ovvero l’effetto negativo della Via della Seta per l’Italia, esacerbato dalle imposizioni neocoloniali date dall’euro, è riassunta dalla celeberrima equazione di genesi per parti del PIL:
PIL = C + I + G + X – M
dove:
•C = Consumi interni
•I = Investmenti
•G = Spese dello Stato
•X = Total exports
•M = Total imports
Come capite un incremento dell’import dalla Cina a danno dell’export italiano, ceteris paribus, visto che che la Cina compete di norma con l’Italia con prodotti simili (fatto rappresentato sinteticamente dall’incremento del deficit commerciale dell’Italia verso Pechino, ndr) conduce ad una riduzione del PIL, stimabile grossolanamente nelle cifre indicate in premessa, tra 1 e 2 punti percentuali di riduzione annua, circa.
Di più: ciò conduce, come derivata seconda, ad una deindustrializzazione di fatto del paese, mandando fuori mercato alcuni settori prima prosperi.
In forza di una competizione, quella cinese, che – lo ricordo – viene fatta da aziende cinesi in larghissima parte di proprietà statale (il partito comunista cinese, di fatto neocoloniale verso l’estero, comanda tutto, là, ndr). Mi domando infatti come si possa parlare di competizione, avendo come avversario non dei privati ma il secondo Stato più grande del mondo; la sorte dell’Italia sembra dunque segnata.
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Il tutto immerso in un humus di propaganda mediatica imperante cooptata all’ideale EU (neocoloniale, di fatto) ossia di Davos che vorrebbe convincere le masse italiche, in larga parte ignoranti e senza basi in quanto senza studio, che la Via della Seta conviene all’Italia (volutamente senza studio, lato Stato italiano: le masse ignoranti si governano meglio, ndr). Mentre la realtà è all’opposto.
Nel mentre a Roma si continua a fare festa, con un governo Meloni bravissimo in politica estera semplicemente perché esegue ordini altrui. Mentre in politica interna, soprattutto economica, resta penoso, avallando di fatto il peggiore di tutti i mali, che da decenni uccide la Penisola: l’antimeritocrazia.
Purtroppo non basta l’acume e la scaltrezza dei vertici (ed eseguire bene gli ordini, almeno quello, meno male, ndr): causa logiche bizantine del partito di appartenenza, il duo Meloni-Crosetto resta purtroppo pesantemente insufficiente a salvare il Paese, senza possibilità per loro di smarcarsi dalla specifica carenza di mezzi metodologici dell’humus politico cui appartengono , figli legittimi di un modo di fare politica fine a se stesso, di professione, senza mezzi metodologici a supporto. E senza alcuna vision strategica associata, nessuna, zero, nada, nitsch.
MD
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Immagine: incontro XI-Meloni, fonte Governo Italiano, database pubblico