E’ stato notato dagli addetti ai lavori come gli USA stiano testando le loro nuove armi, quelle del futuro. Trattasi del sostituto del vecchio M16, che a breve apparirà come una reliquia. Il produttore sarà Textron, che allinea una cordata di partecipanti al tender del Ministero della Difesa USA.
Il motivo? Avere più potenza di fuoco, maggiore letalità, maggior raggio di tiro (…).
Tutto qui? Forse si, forse no. Sta di fatto che difficilmente si decide di cambiare un intero arsenale per così poco, all’apparenza almeno. La tecnologia sarà completamente nuova, sia – sembra – nella struttura dell’armamento che nei fini preposti. Pochi dettagli trapelano, essendo i risultati del progetto coperti dal segreto militare.
Quattro considerazioni.
La prima, visti i numeri per munizioni (prodotte rigorosamente in USA) ed armi, si ritiene tale armamento sarà riservato a scenari esteri, non americani.
Secondo punto, il calibro: è quasi a metà tra i due standard attuali, 5.56 e 7.62 NATO, ossia il 6.8 proposto oggi non sarà utilizzabile da altri tipi di armi in circolazione, nemmeno in adattazione (ossia, sembrerebbe che gli USA del futuro sono già oltre la NATO).
Terzo punto, le munizioni: sono “coperte”, ossia appare che la testata del proiettile non è accessibile al tatto ed alla manipolazione, sembra contenute in un caricatore in materiale plastico.
In ultimo, le pressioni di sparo sono notevolmente superiori a quelle di un normale fucile mitragliatore, più simili a quelle di una cannonata; si dice per arrivare più lontano, permettendo di forare qualsiasi protezione (questo aspetto non ritengo comunque dipenda dalla sola pressione di sparo).
In realtà oggi sappiamo poco su cosa si celi dietro a tale scelta tecnologica decisamente innovativa.
Va detto che, certamente, la capacità di penetrazione è l’aspetto che farà la differenza col passato.
In tutto questo, Beretta, il vecchio fornitore, è stato messo da parte. Ciò – forse – dipende dal fatto che l’industria italiana è meno abituata a collaborare con Università rispetto al fornitore dell’hardware per l’ “armamento futuro”, la svizzera SIG Sauer (ricordo che il ministero della difesa USA finanzia direttamente progetti di ricerca in Svizzera presso le università politecniche di Losanna e Zurigo, ndr, per un ammontare di svariati milioni di franchi). In tutto questo non bisognerebbe stupirsi se in tali progetti di ricerca presso università estere fossero coinvolti ricercatori italiani, magari emigrati dall’Italia o figli di italiani (il Belpaese, come purtroppo ben sappiamo, non brilla nella difesa delle proprie eccellenze, anzi spesso le affossa nel più classico spirito antimeritocratico, da cui di fatto trae linfa il nepotismo).
Una cosa è certa: la prossima guerra farà pochi o nessun ferito e molti, moltissimi morti. In aggiunta ad enormi danni collaterali ad oggi non valutabili (…).
Stay tuned, work in progress
Mitt Dolcino
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